Pensioni, chi deve attendere 71 anni: quando 67+20 non bastano
Nuove ipotesi di riforma si concretizzano sulle pensioni. Ormai entrati nel mese di marzo 2021 il primo trimestre dell’anno giunge verso il termine. Restano solo poco più di 9 mesi per trovare una soluzione alla scadenza della quota 100, fissata al prossimo 31 dicembre. Il governo Draghi non sembra intenzionato a confermare questa misura attraverso una nuova proroga.
L’unica alternativa possibile è quindi quella di attivare una nuova opzione di flessibilità. In caso diverso, i lavoratori in età avanzata che non riusciranno a ottenere il prepensionamento in tempo utile si troveranno a fare i conti con uno scalone importante. Tanto che per alcuni si parla di un tempo maggiore di permanenza sul lavoro anche di cinque anni.
Riforma pensioni e nuove uscite anticipate: il punto della situazione e il quadro delle proposte tecniche
La legge Fornero consente l’uscita ordinaria a partire dai 67 anni di età con almeno 20 anni di contribuzione. In alternativa è possibile ottenere la pensione anticipata a partire dai 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne). Se la quota 100 non verrà rinnovata, saranno questi i parametri di partenza con cui dovranno confrontarsi i lavoratori in procinto di andare in quiescenza.
Tra le ipotesi tecniche allo studio ci sarebbe la quota 102, che vedrebbe innalzare il parametro anagrafico a 64 anni (anziché gli attuali 62 anni), confermando il criterio contributivo ad almeno 38 anni. In questo caso però ci sarebbe comunque una aggravio di due anni per chi dovrà maturare i requisiti di accesso all’Inps a partire dal 2022. Questo senza considerare l’applicazione di un eventuale penalizzazione sull’assegno.
L’ipotesi di Brambilla sulla riforma della legge Fornero
Secondo l’esperto di previdenza Alberto Brambilla, una possibile riforma potrebbe prevedere l’equiparazione delle regole di flessibilità per tutti gli attuali sistemi, ovvero retributivi, misti e contributivi. Con quest’ultimo, ad esempio, è possibile ottenere l’accesso all’Inps anche a 64 anni di età e 20 anni di versamenti (purché si raggiunga l’importo minimo previsto dalla legge). Questa opzione attualmente è disponibile solo per coloro che hanno iniziato a versare a partire al 1° gennaio 1996.
Oltre a ciò, serve estendere le tutele del sistema misto anche in favore di coloro che rientrano nel contributivo puro. Ad esempio garantendo l’adeguamento alla minima tramite un fondo di equità, da avviare al più presto. Insomma, serve superare l’attuale concetto delle regole e tutele diverse a seconda di quando si è iniziato a lavorare.