Badanti: busta paga con meno ore: che cosa si può fare

Lavoro a tempo pieno pagato come part time è una tipologia di situazione molto diffusa in diversi settori lavorativi, lavoro domestico in prima linea.

Lavoro effettivo a tempo pieno ma stipendio in busta paga erogato come fosse part time è una prassi se non illecita, quanto meno ingiusta, e soprattutto molto diffusa in svariati ambienti lavorativi. Sovente capita ai lavoratori di ricevere una busta paga dove vengono riportate le ore di lavoro e queste sono nettamente inferiori a quelle effettivamente lavorate. Nel settore domestico, per il lavoro di colf e badanti per esempio, questa è molto di più di una prassi diffusa. Si tratta di un autentico fenomeno. Il lavoratore ha diritto ad essere pagato per le ore effettive di lavoro e la legge concede al dipendente le armi per far valere i propri diritti col datore di lavoro.

Orario di lavoro inferiore a quello reale in busta paga

I casi prima descritti, con ore di lavoro segnate in busta paga, non corrispondenti per difetto, a quelle realmente svolte, rientrano nel cosiddetto lavoro grigio. Si tratta di assunzioni full time taroccate da part time, cioè assunzioni non propriamente regolari, anche se differenti dal lavoro nero, dove l’assunzione manca del tutto. Nel settore domestico il lavoro grigio è altrettanto diffuso come il lavoro nero.

Assumere una lavoratrice, magari una badante, indicando nel contratto meno ore di quelle che effettivamente svolgerà, e riportando la stessa prassi anche nelle buste paga mensili, penalizza il lavoratore e da un netto vantaggio al datore di lavoro. Situazioni del genere infatti producono per il datore di lavoro il vantaggio di pagare meno contributi previdenziali al lavoratore (assunto per meno ore di lavoro e quindi versamenti più bassi all’Inps) oltre che meno stipendio al lavoratore.

Il lavoro grigio, cos’è?

Come il lavoro nero, anche il lavoro grigio consiste nello svolgimento irregolare dell’attività lavorativa: mentre il lavoratore in nero non ha alcun tipo di contratto, chi lavora in grigio sottoscrive un contratto, che tuttavia non rispecchia il suo inquadramento reale. Oltre che per gli orari di lavoro, nel settore domestico non di rado si chiede al lavoratore di aprire una partita Iva. In questo caso, sempre a vantaggio del datore di lavoro, il lavoratore sembrerà svolgere una attività di lavoro autonomo, anche se in realtà non svolge l’attività in modo autonomo, ma subordinato, in quanto tenuto a rispettare un orario di lavoro o a prestare la propria opera in una sede individuata dal datore di lavoro.

Cosa fare per far valere i propri diritti?

Ribadendo che il datore di lavoro commette un illecito quando non inquadra il dipendente in modo regolare, occorre sottolineare che anche eventuali pagamenti extra fuori busta (accade spesso che il datore di lavoro dia soldi in nero al badante per pagare meno tasse), sono illegali e che sono comunque un danno per il lavoratore, con le cifre fuori busta che incideranno negativamente su tutti i diritti commisurati alla retribuzione effettivamente dichiarata, quindi pensione, indennità di disoccupazione e così via.

In sostanza, il lavoratore ha diritto ad essere pagato in base a dei semplici calcoli che prevedono che le ore lavorate nel mese, debbano essere moltiplicate per la paga oraria (o al massimo giornaliera) stabilita nel contratto. Quando un lavoratore si accorge di avere avuto una busta paga con ore di lavoro inferiori a quelle svolte, deve segnalarlo al datore di lavoro che deve provvedere alla correzione ed alla corresponsione di ciò che mancava dal punto di vista della retribuzione, nelle mensilità successive. La differenza spettante in genere viene erogata nelle buste paga dei mesi successivi con una voce particolare, cioè con “arretrati anno corrente” o “arretrati anno precedente”, nel caso in la busta paga errata sia dell’anno precedente.

Contenziosi, conciliazioni e cause

Questo se la busta paga è errata, ma se invece è proprio il contratto a prevedere orario di lavoro part time nonostante si presti attività per tutta la giornata ed anche oltre (nel caso delle badanti spesso le giornate di lavoro sono oltre le 13 ore, come da segnalazioni pervenuteci), la situazione è più complessa. Occorre esporre il problema al datore di lavoro, per far si che la situazioni torni legale e non illecita, perché di illecito si tratta.

Se il datore di lavoro non sente ragioni, è consigliabile richiedere le differenze retributive e la regolarizzazione della situazione inviando una comunicazione all’azienda tramite pec o raccomandata con ricevuta di ritorno.

In questo caso meglio avvalersi di un sindacato o di un avvocato.
Infatti il protrarsi di questa situazione può portare anche a contenziosi dinnanzi all’ex Ispettorato del Lavoro o in alternativa, a conciliazioni dinnanzi al sindacato. Tutte vie queste di intervento per così dire, bonario. Infatti se le conciliazioni sindacali o alla Direzione Territoriale del lavoro non vanno a buon fine allora si arriva direttamente al tribunale del lavoro.

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Il punto focale per il lavoratore è dimostrare che si è lavorato per più ore di quelle segnate in busta paga. In questo caso bisogna riuscire a trovare delle prove, come possono essere testimoni, eventuali fogli in cui vengono annotate le ore di lavoro ed ogni altra documentazione con la quale puoi provare la tua presenza sul posto di lavoro, come per esempio il piano ferie.

Per le badanti va detto che è più semplice arrivare ad ottenere successo in una azione nei confronti del datore di lavoro. Infatti è alquanto difficile circoscrivere ad una determinata fascia oraria il lavoro della badante (e nel part time le ore di lavoro sono davvero poche). Le esigenze dell’anziano o del disabile da assistere infatti non possono essere ricondotte a determinate ore e spesso sentenze del Tribunale del lavoro hanno dato ragione alle lavoratrici nei confronti del datore di lavoro.