Varianti Covid, Vaia: «Non possono essere una scusa per chiudere»

Il direttore sanitario dello Spallanzani ha spiegato il suo punto di vista sulle varianti, evidenziando a cosa a suo avviso dovrebbero servire i periodi di chiusura. Sulle aperture si è espresso a favore di soluzioni graduali, evitando di passare da un ecesso all’altro.

Le varianti del coronavirus e la loro possibile evoluzione dopo la vaccinazione di massa contro il Covid sono uno de temi da affrontare per la scienza ed anche per l’umanità, tenuto conto che molto impatterà anche sulla quotidianità.

In questi casi l’opzione migliore per affrontare l’argomento è attingere da fonti e opinioni scientifiche. In tal senso, risulta significativa un’intervista rilasciata dal professor Francesco Vaia al quotidiano La Verità (nell’edizione del 29 marzo 2021). Il medico è il direttore sanitario di una struttura d’eccellenza come lo Spallanzani di Roma.

Le varianti del coronavirus per Vaia non vanno usate come «clave»

«Le varianti - ha dichiarato - saranno una costante. Ma i vaccini tendenzialmente offrono una qualche copertura». Vaia ha ha detto chiaramente che si dovrebbe cessare di «utilizzare le varianti come clave» anche perché «il vaccino - ha precisato - praticamente annulla la mortalità che è il nostro obiettivo primario».

Vaia, nel corso dell’intervista, ha spiegato la sua tesi sottolineando come non si dovrebbe lavorare all’inseguimento delle mutazioni, ma si dovrebbe organizzare una «task force poderosa» che possa lavorare all’isolamento e al sequenziamento, in maniera tale da recuperare dati utili a chi deve produrre i vaccini.

Dalle parole di Vaia è emerso come questa soluzione si sposerebbe con quella che oggi è una maggiore velocità nell’adeguare i preparati e che darebbe soluzioni adeguate in «brevissimo tempo».

Varianti covid, chiusure ed aperture il punto di vista di Vaia

Nelle parole del direttore sanitario dello Spallanzani si è potuto evincere in maniera chiara come, ad oggi, l’obiettivo primario sia arrivare a vaccinare la popolazione.

«Le varianti - ha chiarito - non possono essere una scusa per chiudere». Parole che possono essere lette in vari modi se si considera che questa è la fase in cui sono state sospese le zone gialle e si pensa di prorogare la scelta, sulla base della necessità di difendersi dal contagio generale determinato da varianti più contagiose.

«Ci possono essere - ha proseguito - dei momenti in cui chiudi, perché circola una variante che ti preoccupa. Ma il vero problema, poi, è cosa fai nei quindici giorni di chiusura». Per Vaia quelle che dovrebbero essere fasi in cui bisognerebbe lavorare in maniera intensa per isolare e sequenziare i ceppi, in maniera tale da arrivare allo sviluppo di un vaccino efficace per evitare di tornare sempre indietro. «Le varianti - ha proseguito - spuntano di continuo. Che facciamo? Non ne usciamo più?».

Occorre comunque precisare che, da parte del medico, non ci sono riferimenti alla situazione attuale, ma semplicemente notazioni rispetto alla possibilità che le varianti, come concetto, possano determinare la necessità di restrizioni preventive magari anche in futuro. Anche perché, in questa fase, tra i parametri oggettivi da considerare c’è la pressione sui sistemi sanitari.

Non a caso il medico ha parlato anche della sperimentazioni sui monoclonali in corso allo Spallanzani, con la speranza di ottenere risultati «ottimi» sulla base di studi che «dicono che si può ridurre l’ospedalizzazione fino all’85%» ed ha anche sottolineato l’importanza, non solo per il Covid, di puntare su quelli che ha chiamato "medici della domiciliarità".

Le aperture dovrebbero essere graduali secondo Vaia

Vaia, pur dichiarandosi “favorevole alle aperture”, chiarisce come non si debba, però, passare «da un eccesso all’altro». «D’estate - ha evidenziato - il fatto di stare all’aperto offre meno occasioni di contagio. Ma gli spazi di libertà devono essere graduali e premiali». Concetto espresso anche per chiarire il fatto che il virus non è stagionale e non va incontro muore con temperature elevate.

Nell’intervista il direttore dello Spallanzani ha, inoltre, immaginato un impegno a rivedere le tempistiche delle città con possibili riflessioni «orari di accesso alle scuole e agli uffici», rimettendo «al centro il tempo libero e lo sport».