Pensioni a 67 anni addio, scatti nel 2023, 2025 e 2028, per i nati dal 1956 al 1961

Fino al 2022 la pensione di vecchiaia si percepirà a 67 anni di età ma dal 2023 potrebbe ritornare l’aspettativa di vita allontanando le date di uscita per i lavoratori.

Il governo Conte uno, quello con alla guida il Movimento 5 Stelle e Lega, nella sua manovra finanziaria confermò lo stop agli incrementi dell’età pensionabile fino al 2022. In pratica, i requisiti per lasciare il lavoro con la pensione di vecchiaia sono congelati fino al 31 dicembre 2022. Sarà dall’anno successivo che probabilmente l’aspettativa di vita tornerà ad allontanare le pensioni, come accaduto dal 1° gennaio 2019, quando si passo dai 66 anni e 7 mesi ai 67 anni di età per la quiescenza di vecchiaia.

Ci sono media e siti che danno già per scontato il primo scatto di 3 mesi nel 2023 e forse hanno ragione, perché a meno che i legislatori non intervengano, dal 2023 serviranno 67 anni e 3 mesi per la pensione di vecchiaia. Il sito “trend-online.com” per esempio, si spinge a prevedere gli scenari fino al 2028, e sono previsioni piuttosto negative per chi è prossimo a lasciare il lavoro nei prossimi 7 o 8 anni.

Pensioni a 67 anni fino a quando?

Per il biennio 2021-2022 nessun incremento dei requisiti per la pensione di vecchiaia è previsto. Infatti l’Inps ha bloccato l’aumento dell’età per andare in pensione che per i prossimi due anni resterà ferma a 67 anni. Oltre alla pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi, a 67 anni è l’età prevista anche per l’assegno sociale, per le deroghe Amato e per l’opzione Dini.

Sulle pensioni è l’aspettativa di vita che negli anni ha determinato l’incremento dei requisiti di accesso. Infatti le soglie per andare in pensione sono collegate alla vita media degli italiani e così più lunga è statisticamente la vita degli italiani, più si allontanano le pensioni.

Pensione di vecchiaia 2023, serviranno 3 mesi di età in più

Dopo i 5 mesi di scatto che si verificarono nel 2019, quando si fissò il nuovo tetto per l’età pensionabile a 67 anni, il prossimo incremento è fissato per il 2023. Solo eventuali interventi normativi, magari provenienti dall’emergenza sanitaria di questi mesi, oppure da stime differenti dell’Istat in quanto ad aspettative di vita, potrebbero cambiare quello che è già previsto, cioè l’incremento di 3 mesi dal primo gennaio 2023.

A partire da quella data infatti, la pensione di vecchiaia e quindi anche le altre misure che prevedono l’età pensionabile tra i requisiti, dovrebbe poter essere percepita a 67 anni e 3 mesi di età, sempre con i 20 anni di contributi previsti anche oggi. Lo scatto riguarderà anche la pensione di vecchiaia contributiva, quella che oggi si percepisce a 71 anni di età e che dal 2023 potrebbe passare a 71 anni e 3 mesi (bastano 5 anni di contributi ma con limiti relativi all’entità della pensione percepita).

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Pensione: cosa accadrà dopo?

Dal 2023 quindi, si tornerà a fare i conti con la speranza di vita degli italiani, che l’Istat certifica con cadenza annuale. L’età pensionale sarà adeguata alla stima di vita dell’Istat con 3 mesi di aumento. A partire dalla Riforma Fornero, l’adeguamento alla speranza di vita per le misure previdenziali è a cadenza biennale. Ciò vuol dire che ad oggi, in attesa di buone nuove che però adesso devono fare i conti con la grave crisi economica del coronavirus, anche nel 2025 e nel 2028 ci saranno nuovi incrementi per l’età pensionabile.

Nel 2025, seguendo i dettami normativi oggi vigenti ed in base a ciò che prevede la riforma Fornero, si salirà a 67 anni e 6 mesi per pensione di vecchiaia, per tutte le deroghe e per l’assegno sociale. Per la pensione di vecchiaia contributiva si salirà a 71 anni e 6 mesi.

E per il 2028, si sale di ulteriori 3 mesi, con la pensione di vecchiaia, le sue deroghe e l’assegno sociale che saliranno a 67 anni e 9 mesi, mentre la pensione di vecchiaia contributiva passerà a 71 anni e 9 mesi. Naturalmente, quelle che fa il sito “trend.online.com” sono tutte ipotesi basate sulle leggi oggi in vigore, cioè sulla legge Fornero, ma appare evidente che senza ritocchi, riforme o quanto meno interventi a correzione di questo particolare meccanismo dell’aspettativa di vita, gli scenari per i prossimi anni sono piuttosto cupi.