Pensione 2021: il vantaggio di aver iniziato a lavorare 25 anni fa su importi e misure

Ci sono vantaggi non indifferenti per chi ha iniziato la carriera prima del 1996, sia come importo che come misure

In materia pensioni c’è una data in particolare che può risultare fondamentale per molti lavoratori che intendono uscire dal mondo del lavoro. Il sistema previdenziale è stato modificato negli anni da riforme continue, anche se negli ultimi anni, escludendo misure tampone come: quota 100, Ape Sociale, opzione donna e così via, poco è cambiato.

Riforma Amato, riforma Dini e riforma Fornero sono gli interventi in materia previdenziale più degni di nota degli ultimi 30 anni. Quando parliamo di data fondamentale in materia previdenziale però, nessuna ha impattato in maniera così radicale come il 31 dicembre 1995.

Quella data ha fissato il punto di non ritorno del passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo. E per i lavoratori che hanno avuto una carriera iniziata prima di quella data, i vantaggi in materia previdenziale non sono pochi.

Carriera antecedente il 1996, una fortuna

Aver iniziato la carriera prima del 1996 può a tutti gli effetti essere considerata una autentica fortuna, soprattutto dal punto di vista degli importi della pensione. Chi ha una carriera iniziata dopo il 31 dicembre 1995 è considerato un contributivo puro, cioè un lavoratore che ha diritto a calcolo e misure previdenziali solo con il sistema del montante contributivo, che è penalizzante.

Oggi il calcolo con il sistema contributivo si applica interamente a chi non ha versamenti previdenziali antecedenti il 1996. Fu la riforma Dini a introdurre questo meccanismo che come obbiettivo aveva quello di riequilibrare nel medio lungo periodo la spesa previdenziale.

L’anzianità di carriera antecedente e successiva al 1996 è fattore determinante per stabilire l’importo delle pensioni da liquidare. Quando parliamo di fortuna, sul calcolo della pensione è evidente il vantaggio dell’assegno calcolato con il sistema retributivo rispetto al sistema contributivo.

Il primo basato sulle retribuzioni degli ultimi anni di carriera, il secondo invece sul montante dei contributi che funge da salvadanaio. Per chi ha una carriera iniziata in epoca retributiva il calcolo della pensione si dice misto, ovvero calcolato sia con il sistema delle retribuzioni che con quello della contribuzione.

Fino alla riforma Fornero, il lavoratore con più di 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1996 godeva ancora del calcolo completamente retributivo della pensione. Fu il decreto Salva Italia del governo Monti-Fornero a cambiare il calcolo introducendo la data del 31 dicembre 2011 come periodo di carriera fino al quale calcolare la pensione con il metodo retributivo per chi aveva 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995.

Per chi invece ha una carriera meno lunga in epoca retributiva, cioè meno di 18 anni al 31 dicembre 1995, la pensione con il sistema retributivo è calcolata solo fino ai periodi di lavoro antecedenti il 1996.

Alcuni chiarimenti sugli svantaggi per i contributivi puri

Se dal punto di vista del calcolo della prestazione pensionistica il vantaggio di aver iniziato a lavorare prima del 1996 è evidente, anche se variabile in funzione degli anni di carriera antecedenti quella particolare data, ci sono cose da chiarire anche sul diritto alla pensione.

Basti pensare che il sistema contributivo, dal momento che imposta il calcolo della pensione sui contributi versati che vengono trasformati in pensione con dei coefficienti di trasformazione, premia chi in pensione va più in avanti con gli anni.

La pensione dei quindicenni, quella con le deroghe Amato che consentono l’uscita con soli 15 anni di contributi sono negate a chi ha una carriera iniziata in epoca contributiva. Ai contributivi puri inoltre, non spetta non l’integrazione al trattamento minimo, cioè quella misura che permette l’incremento del rateo di pensione fino a 515,58 euro, come recentemente aggiornato dall’Inps con il meccanismo dell’indicizzazione.

Parlando di misure previdenziali poi, occorre ricordare per esempio che per chi non ha una carriera antecedente il 1996, oltre a contributi ed età da raggiungere per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi e 67 anni di età), occorre centrare un terzo requisito, quello relativo all’importo della pensione.

Infatti per chi ha tutti i 20 anni di contributi versati dal 1° gennaio 1996 in poi, la pensione a 67 anni è concessa a condizione che l’assegno previdenziale sia pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale, che per il 2021 significa una pensione di circa 690 euro al mese (anche in questo caso dopo adeguamento al tasso di inflazione dell’importo dell’assegno sociale). Senza il completamento di questo terzo requisito, la pensione per questi lavoratori slitta a 71 anni di età.