Badanti e colf: regole assunzione e differenze tra Moldavia e Romania

Per una corretta assunzione, le regole cambiano a seconda del paese di provenienza della lavoratrice

Il lavoro domestico è uno dei principali settori dove trovano impiego molti lavoratori e molte lavoratrici provenienti da Stati esteri. Nonostante sia un settore dove è molto diffuso il lavoro nero, sono molte le famiglie che hanno alle dipendenze lavoratori regolarmente assunti.

Anche le ultime normative, tra cui la sanatoria sui migranti del decreto Rilancio, mirano a regolarizzare un settore, dove purtroppo l’illegalità è ancora diffusissima. Capita sovente che anche in sede di assunzione del lavoratore, qualcosa vada storto, cioè l’assunzione non venga fatta a regola d’arte.

Questo nonostante da anni esiste un contratto collettivo nazionale a cui bisogna collegarsi per provvedere ad una corretta assunzione del lavoratore. Uno degli aspetti più difficili da comprendere è che le assunzioni prevedono regole differenti a seconda del Paese di provenienza del lavoratore.

Un tipico esempio è quello che riguarda lavoratori provenienti dalla Romania e dalla Moldavia, Paesi molto vicini tra loro e che sono tra i più grandi fornitori di manodopera domestica in Italia. Molte le segnalazioni e le richieste di aiuto che arrivano a strutture di assistenza lavoro e fisco da parte di famiglie e lavoratori che chiedono di chiarire tutti i dubbi relativi a queste differenze. Vediamo di approfondire il campo vedendo tutte le sfaccettature di queste situazioni.

Assunzione diretta per cittadini UE

Cittadini Moldavi, cittadini Rumeni, oppure cittadini Moldavi con passaporto Rumeno, sono tante le fattispecie di persone addette al lavoro domestico che trovano lavoro in Italia, per assistere un anziano o impiegate come colf presso le famiglie. Esistono differenti procedura a seconda della nazionalità e del passaporto di questi lavoratori. La Romania ormai fa parte della UE, essendo uno dei Paesi membri della Comunità Europea.

La Moldavia invece non lo è. Questa è la prima grande differenza.
Per questo, quando si va ad assumere una lavoratrice Rumena, le regole sono identiche a quelle relative all’assunzione di un lavoratore italiano. L’assunzione da parte del datore di lavoro è diretta. Per il lavoratore Moldavo invece no, perché le uniche deroghe per cittadini extra UE riguardano Svizzera, Norvegia, Liechtenstein o Islanda, che vengono considerati Paesi equiparati a quelli della Comunità Europea.

In questi casi il datore di lavoro può assumere direttamente il lavoratore domestico. In pratica, per cittadini UE o equiparati, basterà concordare con il lavoratore tutti gli elementi del rapporto di lavoro. Quindi va concordato l’orario, la retribuzione, le ferie e così via. Per una corretta assunzione, il lavoratore deve essere in possesso del codice fiscale, di un documento di identità e della tessera sanitaria aggiornata e rilasciata dalle Asl italiane. Tutti documenti che devono essere presenti e prodotti in sede di sottoscrizione del contratto di lavoro.

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Assunzione di badante extracomunitaria, le regole

Assumere una badante o una colf Moldava, significa assumere un lavoratore domestico extracomunitario. Se il lavoratore extracomunitario è già presente in Italia, non serve il modello Q, cioè il modello utile a stipulare il cosiddetto contratto di soggiorno. Dal punto di vista del lavoratore, quest’ultimo dovrà dimostrare di essere in possesso di un permesso di soggiorno valido per lo svolgimento di un’attività lavorativa.

Dal momento che il permesso di soggiorno è a scadenza, anche nel momento del rinnovo del permesso, occorre presentare in Questura la copia della comunicazione obbligatoria di assunzione. Questo infatti è un adempimento obbligatorio quando si parla di assunzione, variazione o cessazione, ed è un adempimento a carico dei datori di lavoro domestico che lo devono trasmettere all’Inps tramite le procedure on line appositamente previste dall’Istituto di Previdenza.

Più complicato il caso di assunzione di un lavoratore extracomunitario che non è ancora in Italia. In questo caso bisogna attendere che il Ministero del Lavoro fissi il numero massimo di lavoratori extracomunitari a cui concedere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, un meccanismo che ormai è diventato prassi annuale da parte del Ministero, dopo l’uscita del Decreto Flussi. Dopo che il Ministero ha decretato il numero massimo di permessi concedibili, il datore di lavoro dovrà inoltrare domanda di nulla osta. Una pratica piuttosto complessa per avere questo nulla osta che dura 6 mesi.

Una volta che la procedura è terminata, occorre infatti che il datore di lavoro presenti la documentazione relativa al reddito, la ricevuta dell’avvenuta richiesta del certificato di idoneità alloggiativa. Solo così sarà possibile che la richiesta arrivi al Consolato Italiano all’estero, che rilascia allo straniero il visto d’ingresso. Come previsto nel contratto di soggiorno il datore di lavoro dovrà impegnarsi al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza, nonché comunicare ogni variazione riguardante il rapporto di lavoro, assicurando la disponibilità di un alloggio adeguato.

Il cittadino extracomunitario, dal canto suo, dopo aver ottenuto il visto d’ingresso presso la rappresentanza diplomatica o consolare italiana all’estero, deve recarsi entro otto giorni dall’ingresso in Italia presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione per firmare il contratto e la richiesta di permesso di soggiorno, da spedire poi in Questura con raccomandata a/r per essere poi lì convocato per la consegna del medesimo.