Terremoto pensioni dopo il 2021: a 60, 64 anni o con ricalcolo contributivo?

Cosa accadrà nel 2022, dopo la scadenza della quota 100? Si prospetta un vero e proprio terremoto pensioni in vista della riforma tanto attesa.

La quota 100 permette di accedere alla pensione con 62 anni di età e con almeno 38 anni di contributi. Questa possibilità di pensionamento a 62 anni, però, finirà con la scadenza della sperimentazione della misura, il 31 dicembre 2021. Cosa accadrà a partire dal 1 gennaio 2022?

Terremoto pensioni dopo 2021

Sono stati aperti tavoli di confronto tra governo e parti sociali dove a inizio anno si sono susseguite ipotesi e proposte ma che poi, causa emergenza sanitaria COVID-19, si sono bloccate.

Si parla di un’ipotetica pensione a 60 anni ma che preveda l’intero ricalcolo contributivo dell’assegno. A questa proposta i sindacati stanno opponendo moltissima resistenza sostenendo, a ragione, che sarebbe troppo penalizzante per la maggior parte dei lavoratori.

Altra ipotesi messa in campo è quella della quota 102 che prevede un pensionamento sempre con 38 anni di contributi ma con limite di età spostato a 64 anni.

Si è parlato di una riforma che mandi definitivamente in pensione la legge Fornero ma appare assai improbabile che con queste proposte possa essere attuata.

Ricordiamo che rimane in piedi ancora l’ipotesi avanzata dal precedente governo giallo verde che, dopo l’entrata in vigore della quota 100, aveva annunciato per il 2022 la quota 41 estesa a tutti i lavoratori (e non solo a quelli precoci come attualmente prevede la normativa) e senza alcun paletto.

A ricordare la pensione quota 41 per tutti è lo stesso Matteo Salvini che, annunciando il grandissimo successo ricevuto dalla quota 100 (varata appunto quando la Lega era al governo) rilancia l’idea della quota 41 ipotizzando che possa essere il prossimo step insieme alla flat Tax.

Tagli pensioni future

Nel frattempo le parti sociali chiedono la sterilizzazione degli effetti che il crollo del PIL potrebbe avere sulle future pensioni . A richiederlo è Domenico Proietti, segretario nazione UIL, che spiega: "Il Governo deve sterilizzare subito gli effetti negativi che la caduta del Pil ha sulle Pensioni future. Se da una parte la rivalutazione del montante contributivo dei futuri pensionati non puo’ essere inferiore all’1%, a seguito delle modifiche del 2015, e’ altresi’ vero che eventuali differenze saranno recuperate negli anni successivi con effetti negativi sul futuro previdenziale dei lavoratori. Parallelamente gli effetti della crisi impatteranno anche sulla rivalutazione delle Pensioni in essere". Per questo, la Uil «chiede da subito al Governo di intervenire sia per il calcolo della rivalutazione del montante contributivo sia per l’individuazione dell’indice di rivalutazione delle Pensioni erogate. Questo e’ un primo modo concreto di aiutare i pensionati presenti e futuri».

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