Pensioni anticipate dai 63 anni, da Confcommercio la proposta di uscita con 20 anni di contributi

Sulle pensioni anticipate torna l’ipotesi dell’APE volontario dai 63 anni con 20 anni di versamenti: la proposta è stata rilanciata ieri da Confcommercio, Confetra e Manageritalia.

Torna nuovamente al centro del dibattito pubblico l’APE di natura volontaria, ovvero quel meccanismo di accesso anticipato alla pensione che consentiva d’inviare la propria richiesta di quiescenza a partire dai 63 anni di età e con almeno 20 anni di versamenti. Nella pratica, si tratta di un meccanismo che risulterebbe particolarmente vantaggioso soprattutto dal punto di vista del requisito contributivo, visto che l’APE sociale richiede (a seconda dei casi) dai 30 ai 36 anni di versamenti.

A chiedere una riproposizione dell’APE volontario sono state Confcommercio insieme a Confetra e Manageritalia, con l’obiettivo di garantire un sostegno alle categorie di lavoratori con più di 60 anni. Secondo quanto scrivono le stesse sigle, è fondamentale che il governo tenga in considerazione la tutela pensionistica dei lavoratori dipendenti in età avanzata e a rischio di estromissione dal mercato del lavoro, anche considerando il prossimo superamento della quota 100.

Pensioni anticipate e APE volontario: la nuova proposta di uscita con 20 anni di contribuzione

Stante la situazione appena evidenziata, al momento chi possiede 20 anni di versamenti (o poco più) si trova necessariamente a dover attendere la maturazione dell’assegno di vecchiaia, che però prevede un vincolo anagrafico posto a 67 anni. Un’età che appare certamente troppo elevata per molti lavoratori, anche considerando il rischio di disagio occupazionale dettato dalla difficile situazione che stiamo vivendo.

Per questo motivo, le tre sigle chiedono al governo di “riproporre l’APE volontario e aziendale con un anticipo di tre anni rispetto all’età anagrafica di vecchiaia e almeno 20 anni di anzianità contributiva”. Oltre a ciò, vi è da considerare che “essendo un prestito bancario ottenuto tramite l’Inps, l’Ape non è considerato reddito imponibile ed è cumulabile con la percezione della Naspi e dell’Ape sociale”.

Contestualmente, si chiede al governo di favorire la contribuzione previdenziale di natura volontaria, anche a carico del datore di lavoro o dei fondi pensione, in modo da garantire che il futuro trattamento pensionistico non risulti penalizzato dal pensionamento anticipato qualora si perda il lavoro nei tre anni precedenti alla maturazione del trattamento di vecchiaia. Si tratterebbe di uno strumento da attivare contestualmente con la Naspi, con un vantaggio non solo per il lavoratore ma anche per l’impresa.

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Riforma pensioni, chiesta maggiore flessibilità anche per la previdenza privata

Infine, le tre sigle chiedono di garantire maggiore flessibilità in uscita anche nel comparto della previdenza complementare, avviando la possibilità di fare ricorso al montante accumulato per coprire eventuali vuoti contributivi presenti presso l’Inps e con il vantaggio dell’esenzione totale d’imposta.

Così facendo, sarebbe possibile andare a coprire anche i mancati versamenti antecedenti al 1° gennaio 1996 (quindi appartenenti al sistema misto - retributivo). Complessivamente, si tratta di misure che risulterebbero a costo zero per le casse dello Stato e che potrebbero garantire comunque maggiore flessibilità previdenziale a tutti coloro che risultano particolarmente esposti alla grave crisi economica derivante dalla diffusione del coronavirus.

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