Pensione quota 41 precoci: requisiti di accesso e profili di tutela

Quota 41 precoci, anticipo di pensione per alcune categorie di lavoratori, la guida alla misura.

La Pensione Anticipata per i lavoratori precoci si chiama quota 41. Si tratta della misura prevista dalla legge n° 232 del 2016 entrata in vigore dopo il Dpcm n° 87 del 23 maggio 2017. Quota 41 dicevamo, che non è quella che i sindacati da tempo chiedono o quella nel tempo è diventata un cavallo di battaglia di Matteo Salvini e della Lega.

Non è una quota 41 per tutti, cioè una sorta di nuova pensione di anzianità o anticipata che dir si voglia. Infatti la quota 41 vigente e strutturale, permette di accedere alla quiescenza ai lavoratori con 41 anni di contributi versati, ma solo se appartengono a determinate categorie. Una misura previdenziale perché richiede un determinato numero di contributi previdenziali, ma anche assistenziale dal momento che si rivolge a soggetti in determinate condizioni di disagio sociale, lavorativo e fisico. Approfondiamo meglio di cosa si tratta e cosa è questa pensione con quota 41.

Quota 41 precoci e platea degli interessati

La misura nasce quindi per dare una sorta di tutela a coloro che si trovano in particolari condizioni di disagio. Infatti la quota 41 è destinata a soggetti che sono alle prese con le attività lavorative logoranti che rientrano nel regime dei lavori gravosi, a soggetti con un invalido a carico, a disabili o a disoccupati.

La quota 41 riguarda i lavoratori iscritti presso l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti, le gestioni speciali dei lavoratori autonomi, la gestione separata dell’INPS e le forme sostitutive ed esclusive dell’Ago, quindi anche alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi.

Interessati quindi sia i lavoratori dipendenti del settore privato che i dipendenti del pubblico impiego ed anche i lavoratori autonomi come artigiani, commercianti e coltivatori diretti. Esclusi dal trattamento i lavoratori iscritti presso le gestioni previdenziali private ed i contributivi puri, cioè i lavoratori non in possesso di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995. Infatti la misura è appannaggio di soggetti che rientrano nel sistema misto, cioè che abbiano almeno un contributo versato prima del 31 dicembre 1995 (la cosiddetta anzianità).

Quota 41 lavori gravosi, i requisiti

La quota 41 si rivolge quindi a soggetti alle prese con i lavori gravosi che sono:

  • Gli edili;
  • I gruisti;
  • I conciatori di pelli e di pellicce;
  • I conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante dei treni ;
  • I conduttori di mezzi pesanti e camion (camionisti);
  • Gli infermieri e ostetriche di sale operatorie e sale parto che lavorano a turni;
  • Badanti e gli addetti all’assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza ;
  • Gli insegnanti della scuola dell’infanzia e degli asili nido;
  • I facchini;
  • Il personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
  • Gli operatori ecologici e gli addetti alla separazione e alla raccolta dei raccoglitori rifiuti.
  • I siderurgici;
  • I braccianti agricoli;
  • I pescatori;
  • I marittimi.

Per chi rientra tra queste categorie di attività lavorative, si può uscire dal lavoro con 41 anni di contributi, di cui uno versato anche discontinuamente prima dei 19 anni di età in maniera tale da essere considerati precoci. Non esistono limiti di età per questa misura. Dei 41 anni di contributi, almeno 35 devono essere di lavoro effettivo, mentre per gli altri possono essere considerati utili tutti quelli a qualsiasi titolo versati, quindi da riscatto, da ricongiunzione, figurativi e così via.

La misura si rivolge a lavoratori che svolgono da almeno sei degli ultimi sette anni di carriera, una delle attività gravose prima descritte. In alternativa l’attività logorante deve essere stata svolta per almeno sette degli ultimi 10 anni di carriera lavorativa. Stesso trattamento comunque è riservato a chi invece rientra tra le categorie di lavoro notturno (almeno 64 giornate di lavoro tra le 24:00 e le 05:00 del mattino all’anno) e usurante per i quali si applica la pensione anticipata prevista dal decreto n° 67 del 2011.

Quota 41 per disoccupati, i requisiti

Anche i disoccupati sono un profilo tutelato dalla quota 41 per precoci. Anche in questo caso sono necessari 41 anni di contributi versati, uno prima dei 19 anni di età, almeno 35 effettivi da lavoro e senza alcun limite o vincolo anagrafico. Non tutti i disoccupati rientrano nella misura. Infatti la quota 41 può essere percepita da chi ha terminato di fruire della Naspi da almeno tre mesi prima di presentare domanda di pensione.

In altri termini, la quota 41 si applica a lavoratori dipendenti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale e che abbiano concluso integralmente di percepire la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi.

Quota 41 per gli invalidi e i caregivers, i requisiti

Per caregiver si intende il soggetto che assiste un invalido convivente. Per la quota 41 il disabile deve essere un parente di primo grado o il coniuge. La misura è appannaggio anche dei soggetti che assistono un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Il grado di invalidità del soggetto a cui si presta assistenza deve essere pari ad almeno il 74% e deve essere una disabilità riconosciuta dalle autorità competenti in materia di invalidità civili. Per poter accedere alla quota 41 l’assistenza prestata al soggetto disabile da parte del richiedente la pensione, deve durare da almeno 6 mesi continuativi prima della data in cui si decide di presentare domanda di pensione.

Anche il soggetto invalido con almeno il 74% di riduzione della capacità lavorativa generica, riconosciuta dalle competenti commissioni Asl per le invalidità civili, possono avere accesso alla pensione anticipata con quota 41. Sia caregivers che invalidi devono rispettare comunque le condizioni prima descritte relative ai 41 anni di contributi di cui 35 effettivi e uno precoce, ed anche in questo caso, senza alcun limite anagrafico.

Quota 41, le altre particolarità della misura

La misura fino al 2026 resterà intatta dal punto di vista dei requisiti. Infatti è stato disposto il congelamento dei 41 anni di contributi necessari dal momento che la misura non subirà gli effetti del collegamento delle pensioni alle aspettative di vita.

La misura però prevede che per chi abbia maturato tutti i requisiti dopo il 31 dicembre 2018, dovrà aspettare 3 mesi per ricevere il primo rateo di pensione, per via del meccanismo delle finestre che saranno appunto di 3 mesi. In pratica la pensione non decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti, ma dal primo giorno del quarto mese successivo.

I 41 anni di contributi utili possono essere raggiunti anche attraverso il cumulo, cioè sommando la contribuzione versata in tutte le gestioni previdenziali obbligatorie, tra cui anche le casse professionali.

Con il cumulo però, il neo pensionato con quota 41 non potrà avere una attività lavorativa ancora in corso, nel senso che non potrà cumulare con il trattamento pensionistico redditi da lavoro sia dipendente che autonomo. Tale divieto riguarda solo gli anni di anticipo rispetto alla normale pensione anticipata che ricordiamo, prevede 42 anni e 10 mesi di contributi senza limiti di età se il richiedente è uomo, e 41 anni e 10 mesi di contributi versati senza limiti anagrafici se il richiedente è una lavoratrice.

Domanda di pensione quota 41, come fare?

Il lavoratori che desiderano uscire dal lavoro grazie alla quota 41, deve prima di tutto presentare domanda di riconoscimento del diritto alla pensione, la cosiddetta domanda di certificazione del diritto.

Tale domanda va presentata entro novembre di ciascun anno, con le istanze presentate entro il 1° marzo che vengono considerate tempestive, mentre quelle fino al 30 novembre 2020 tardive.

Questo perché la misura è finanziata ogni anno ed è fino ad esaurimento risorse, pertanto, per le istanze tardive potrebbe tardare e slittare all’anno successivo la liquidazione dell’assegno previdenziale.

Questione di monitoraggio delle domande da parte dell’INPS, con la spesa che deve rientrare in quello che il governo decide di stanziare per la misura. Pertanto, per non rischiare il differimento del pagamento della pensione, che non è da confondere con la perdita del diritto, meglio adoperarsi per rientrare nel novero delle domande tempestive.