Chi sono i lavoratori gravosi, definizione e lista professioni

Da qualche anno ci sono alcune tipologie di attività lavorative che vengono definite gravose e per loro ci sono alcuni vantaggi in materia previdenziale.

Da non confondere con i lavori usuranti, dal 2016, con la manovra di Bilancio di quell’anno (la legge 232/2016), nel sistema previdenziale italiano è entrata una nuova definizione da applicare a determinate attività lavorative. Si tratta dei lavori gravosi.

In linea di massima, per lavori gravosi, il legislatore ha voluto indicare alcune particolari tipologie di attività lavorative svolte da alcuni lavoratori, che per durezza e stress, le rendono difficilmente proseguibili ad una determinata età o dopo determinati anni di carriera. Vediamo di cosa si tratta, quali attività lavorative sono considerate gravose dalla normativa e alcuni vantaggi previdenziali che mantengono.

Breve storia dei lavori gravosi

La categoria dei lavori gravosi all’epoca in cui fu varata, nacque a seguito di una serie di incontri tra governi e parti sociali in materia previdenziale. Più o meno quello che accade oggi, perché già allora si parlava di superamento della legge Fornero e di riforma del sistema.

Proprio a seguito del tavolo di discussione tra esecutivo e sindacati, si decise di intervenire per tutelare alcune categorie di lavoratori a cui la Fornero inasprì i requisiti di accesso alla pensione e la cui durezza delle attività svolte fu dimenticata dalla riforma del governo Monti che per esempio varò la definizione di lavoro usurante, per i quali addetti i benefici previdenziali restano comunque superiori ai gravosi.

Lavori gravosi, quali sono

La materia è oggetto di discussione continua, tanto è vero che ogni anno, quando si parla di riforma delle pensioni, di flessibilità in uscita e di misure da destinare a chi svolge lavori pesanti, i lavori gravosi finiscono con il far discutere.

Ogni anno si cerca di immettere nuove attività nell’elenco di quelle gravose che oggi consta di 15 tipologie di lavori. Inizialmente erano addirittura 11, ma fu con la legge di Bilancio del 2017 che si decise di estendere ad altre 4 categorie la definizione.

Ad oggi quindi sono 15 le categorie di attività gravose previste dal nostro ordinamento. Le prime 11 nate già nella legge di Bilancio 2016 sono:

  • Gli operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici, genericamente edili;
  • I conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
  • I conciatori di pelli e di pellicce;
  • I conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante dei treni ;
  • I conduttori di mezzi pesanti e camion (camionisti);
  • Gli infermieri e ostetriche di sale operatorie e sale parto, con lavoro organizzato in turni;
  • Gli addetti all’assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza (badanti);
  • Gli insegnanti della scuola dell’infanzia e degli asili nido;
  • I facchini;
  • Il personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
  • Gli operatori ecologici e gli addetti alla separazione e alla raccolta dei raccoglitori rifiuti.
    A queste 11 categorie con la legge di Bilancio dell’anno successivo se ne aggiunsero altre 4 e cioè:
  • Gli operai delle aziende siderurgiche;
  • I braccianti agricoli;
  • I pescatori;
  • I marittimi.

I vantaggi previdenziali dei lavori gravosi

La nascita del lavoro gravoso inteso come attività lavorativa troppo pesante per lasciare in servizio fino a tarda età i lavoratori nasce in concomitanza con due misure di pensionamento anticipato destinate tra gli altri proprio a queste attività.

Si fa un gran discutere su quali siano le attività a cui concedere uscite dal lavoro anticipate rispetto alle normative vigenti, a tal punto che si parlava pure di creare una commissione per i lavori gravosi, con dei tecnici che dovevano verificare quali e quante ulteriori attività potevano rientrare nell’elenco prima citato. Per quelle 15 attività lavorative prima citate infatti ci sono Ape sociale e quota 41, due misure di pensionamento anticipato che tra le tante categorie a cui si rivolgono, ci sono pure i lavori gravosi. Senza entrare nel merito specifico delle due misure, va ricordato che per quanto riguarda l’Ape sociale lavori gravosi, questa misura permette l’uscita dal lavoro a 63 anni di età con 36 di contributi.

Per quanto riguarda quota 41 invece, come dice lo stesso nome della misura, la pensione si centra con 41 anni di contributi, di cui uno versato prima dei 19 anni di età anche in maniera discontinua, e senza alcun limite di età.

In entrambi i casi l’attività gravosa che fa rientrare nella misura, deve essere stata svolta in 7 degli ultimi 10 anni di lavoro, o in 6 degli ultimi 7. Per l’Ape sociale se si tratta di lavoratrice, c’è anche lo sconto di un anno di contribuzione per ogni figlio avuto fino ad uno sconto massimo di due anni.

Altro vantaggio non da poco è quello relativo alla pensione di vecchiaia.

Questa misura prevede una uscita dal lavoro con 20 anni di contributi e 67 anni di età alla generalità dei lavoratori, senza distinzioni tra uomini e donne. Ma per i lavori gravosi c’è un vantaggio in termini di età pensionabile, anche se servono 30 anni di contributi e non 20 per rientrare in questo vantaggio. Solo per le categorie di lavoro gravoso prima descritte, fino alla fine del 2022 l’età pensionabile della pensione di vecchiaia è rimasta congelata a 66 anni e 7 mesi, perché si è deciso di non agganciarla alle aspettative di vita che hanno prorotto lo scatto a 67 anni di età.

Per i lavori gravosi quindi fino al 31 dicembre 2022 potranno continuare ad accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni e 7 mesi di età ma unitamente ad almeno 30 anni di contribuzione previdenziale versata.