Pensione anticipata a 62 anni per i nati fino al 1960, tutte le possibilità

Uscire a 62 anni con o senza quota 100, ecco come è possibile farlo e per chi è fattibile.

Chi è nato entro il 1960, nel 2022 compirà i fatidici 62 anni. Questa è l’età più discussa in materia di pensioni. Per circa tre anni i 62 anni di età sono stati l’età anagrafica minima per lasciare il lavoro con la quota 100.

Misura quest’ultima che dal prossimo primo gennaio non sarà più fruibile, ma solo per chi è nato nel 1960, perché esistono possibilità di utilizzarla per chi è nato prima. Ma a 62 anni ci sono strumenti che consentono comunque di uscire dal lavoro, anche se si tratta di strumenti particolari.

I 62 anni di età legati a quota 100 per la pensione

È inutile negare che quando si parla di pensione a 62 anni il connubio con quota 100 è netto. Dal 2019 al 2021, chi ha completato l’età anagrafica di 62 anni e l’età contributiva di 38 anni, ha potuto sfruttare la tanto discussa misura.

Possibilità che possono ancora sfruttare i nati fino al 1959, se riescono a completare entro la fine del 2021, i 38 anni di contributi necessari. E potranno uscire dal lavoro anche nel 2022 o addirittura dopo, restando in servizio a 63 o 64 anni per esempio, decidendo di sfruttare la misura recuperando di più di pensione.

Un nato nel 1959 che ha già completato il diritto alla quota 100 infatti, restando al lavoro nel 2022 o anche nel 2023, potrà comunque andare in pensione nel 2024, prendendo un assegno pensionistico più alto per via dei due anni di lavoro in più (e quindi con 40 anni di contributi e non con 38), e godendo di un coefficiente di trasformazione più favorevole uscendo a 64 anni e non a 62.

I contratti di espansione e l’isopensione

Una via alternativa alla quota 100, ed in questo caso fruibile anche per i nati nel 1960, sono i contratti di espansione o l’isopensione. Strumenti che permettono a lavoratori e aziende, grazie ad accordi sindacali e ministeriali, di lasciare il lavoro ad una determinata distanza dai requisiti pensionistici ordinari.

Il contratto di espansione per esempio, permette di mandare in quiescenza i lavoratori che si trovano a 5 anni dall’età pensionabile per la quiescenza di vecchiaia, cioè i 67 anni.

In questo modo, si possono pensionare i lavoratori con 62 anni di età. L’azienda pagherà una specie di pensione mensile al lavoratore, commisurata a quella teoricamente spettante alla data di uscita dal lavoro. L’azienda recupererà i due anni di Naspi spettanti al lavoratore e si impegnerà ad assumere nuova forza lavoro con la formula del 3x1, cioè ogni tre pensionati un nuovo assunto.

Con l’isopensione si va addirittura indietro, perché è ammesso il prepensionamento a chi si trova a 7 anni dalla pensione di vecchiaia.

Altre vie di uscita a 62 anni

Ci sono misure che consentono l’uscita a 62 anni anche senza passare da accordi aziendali. Per esempio a 61 anni (o a 56 anni per le donne), si può sfruttare la pensione anticipata di vecchiaia con invalidità.

In questo caso per i nati fino al 1962 se hanno ottenuto un’invalidità pensionabile dalle competenti commissioni Inps pari all’80%, bastano 20 anni di contributi per lasciare il lavoro.

A 61,7 anni di età invece c’è la possibilità data dallo scivolo usuranti, per lavoratori notturni e per tutte quelle particolari categorie che rientrano nella misura. Lavoratori delle linee a catena, autisti dei mezzi di trasporto pubblico, palombari e così via.

Occorrono almeno 35 anni di contributi e contestuale completamento della quota 97,6 (per i notturni quota variabile in base alle notti lavorative nell’anno).

Misura questa alquanto particolare, con chi matura i requisiti nel 2022 che avrebbe dovuto presentare domanda di certificazione del diritto entro il mese di marzo di quest’anno per non perdere mesi di pensione rispetto all’età di uscita già vessata da una finestra di 12 mesi e per non finire nei meandri della sufficienza delle dotazioni.