Pensione a 62 per tutti, ma quota 92 per alcuni, 102 per altri

L’incrocio tra la pensione flessibile a 62 anni e la graduatoria dei lavori in base alla loro pesantezza apre a soluzioni particolari.

Un edile con quota 92, la maestra con quota 98, l’impiegato d’ufficio con quota 102, ma tutti in pensione dai 62 anni. Sarebbe questa una via per le pensioni, davvero flessibile che potrebbe mettere tutti d’accordo. Tra le varie ipotesi del dopo quota 100 infatti, c’è la pensione flessibile dai 62 anni di età.

Ma allo stesso tempo c’è pure la questione dei lavori usuranti o gravosi da agevolare. Il post quota 100, con la necessità di svincolarsi dal rischio scalone di 5 anni parte da queste due vie che potrebbero però, benissimo, incrociarsi. E ne uscirebbe una misura che più flessibile non si può.

Pensioni, la misura flessibile per eccellenza

Quota 100 chiude a fine 2021. Se ne va così la possibilità di pensionamento a partire dai 62 anni con 38 anni di contributi. Quota 100 è stata una misura davvero flessibile, perché ai lavoratori è stata lasciata la libertà di scelta su quando uscire, a partire dai 62 anni di età, una volta completati i 38 anni di contributi.

Libera scelta quindi. E piuttosto vantaggiosa dal momento che non ci sono penalizzazioni, se si esclude il minor numero di contributi versati e il peggior coefficiente di trasformazione dei contributi in pensione.

Inoltre, quota 100 è una misura aperta a tutti, non ci sono distinzioni tra categorie di lavoratori. Per questo si pensa ad una misura che sia davvero flessibile. In pratica, oltre a lasciare libertà di scegliere quando uscire, si cerca di differenziare anche l’uscita in base al lavoro.

La graduatoria dei lavori gravosi

Da tempo è stata istituita una commissione per i lavori gravosi. In pratica, un pool di esperti che avrebbero dovuto determinare quali sono le tipologie di attività più logoranti. E adesso la commissione è stata in grado di pubblicare la graduatoria con tutte queste attività messe in ordine per gravosità.

Uno studio approfondito basato sull’incidenza degli infortuni sul lavoro, sull’incidenza delle malattie professionali e sulla stima di vita per attività. Una graduatoria da cui partire per stabilire le regole di pensionamento dei lavoratori.

Si potrebbe partire da una pensione a 62 anni proprio come quota 100. Magari imponendo alcune piccole penalizzazioni di assegno come molti vorrebbero, magari con taglio commisurato ad anno di anticipo rispetto ai 67 anni di età per la pensione di vecchiaia.

È inevitabile parlare di penalizzazioni quando si parla di sistema contributivo e di pensioni flessibili. Senza penalizzazioni di assegno infatti, le misure sarebbero statiche, nel senso che nessuno avrebbe interesse a restare al lavoro.

E grazie alla differenza tra attività lavorative si arriverebbe ad una nuova frontiera della flessibilità. Infatti ferma restando l’età minima dei 62 anni e forse anche il tetto minimo di contributi a 20 anni, ci sarebbero quote diverse in base al lavoro svolto.

Quindi un edile per esempio, potrebbe uscire con quota 92, cioè con 62 anni di età e 30 di contributi, un infermiere con 62 anni e 36 di contributi, cioè con quota 98 e un impiegato d’ufficio con quota 102, cioè a 62 anni di età e 40 di contributi. Naturalmente si tratta di esempi, perché deve essere la politica a decidere il da farsi e a scegliere come intervenire.