Obbligo vaccinale, Vaia: «Non è per punire, ma perché serve»

Il direttore sanitario dello Spallanzani ha parlato di dati che suggeriscono quanto, in questo momento, sia fondamentale sia la terza dose del vaccino

«Dobbiamo evitare di fare una comunicazione sbagliata. Il No-Vaxismo non si combatte spaventando, ma chiarendo». Lo ho ha detto il professor Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, da ospite della trasmissione Non stop news in onda su Rtl 102.5

Obbligo vaccinale, Vaia: «C’è una premessa scientifica»

Vaia ha messo in rilievo come le misure non siano una «punizione», ma un «atto scientifico». «È evidente - ha proseguito - che se tu sei vaccinato la sintomatologia non l’avrai, pur essendo contagiato. C’è una premessa scientifica».

Secondo il medico sarebbe questo il ragionamento che andrebbe fatto dinnanzi alla necessità di persuadere chi ancora non si è vaccinato. Intanto, per il quale, negli ultimi giorni è arrivato anche l’obbligo per gli over 50.

«Non è che voglio obbligarti a vaccinarti - ha detto il direttore Sanitario dello Spallanzani - perché sono brutto, sporco e cattivo e quindi ti obbligo. Non è questo il ragionamento, per cui in Italia secondo me non si è spiegato bene».

«Questa sorta di obbligo vaccinale - ha evidenziato - non è per punire le persone, ma perché serve». «Se io - ha proseguito - mi sono vaccinato, se sono a contatto con te, qualora mi dovessi contagiare, non mi ammalo. C’è una premessa scientifica importante».

Vaccinati con terza dose e gli altri, i numeri delle ospedalizzazioni

Il numero dei contagiati sta toccando picchi che non si erano mai visti, anche nei momenti più drammatici della pandemia. Questo, però, non sta fortunatamente corrispondendo ad un livello di crescita tale da rischiare di saturare il sistema sanitario ed essere obbligati, ad esempio, ad interrompere attività economiche e circolazione delle persone per fermare il virus.

Rispetto a questa evidenza e alla capacità di salvare le persone l’azione del vaccino si sta rivelando fondamentale. Vaia, però, ha posto l’accento su una questione, dividendo i dati tra chi ha fatto la terza dose e chi non l’ha fatta. Notazione significativa se si considera che il richiamo è stato disposto per effetto del verificato calo dell’immunità conferita dalla copertura vaccinale dopo alcuni mesi dalla seconda dose.

«Abbiamo visto - ha ricordato Vaia - che il vaccino che è stato ed è ancora uno strumento fondamentale per abbattere questa malattia, ha avuto nell’esperienza e nell’empirismo, nella verifica sul campo, una validità di quattro-cinque mesi. Secondo alcuni colleghi addirittura tre. Per cui si è resa necessaria la terza dose. Quando noi facciamo riferimento a chi è vaccinato o meno, in questo momento, dobbiamo dire chi è vaccinato in terza dose.»

Poi ci sono i dati che spiegano ancora meglio la situazione. Il primo dato citato da Vaia riguarda le ospedalizzazioni ordinarie. «Coloro - ha spiegato il direttore sanitario dello Spallanzani - che non sono vaccinati (o sono vaccinati in unica o doppia dose), sono il 90%, coloro che sono vaccinati in terza dose il 10% degli ospedalizzati».

La forbice si allarga con riferimento alla rianimazione. «Per la terapia intensiva - ha sottolineato Vaia - il rapporto è: 95% coloro che non sono vaccinati o vaccinati in unica o doppia dose e solamente il 5% coloro che sono vaccinati in terza dose».

L’orizzonte, però, secondo Vaia non prevede continui richiami. «Ho detto più volte - ha dichiarato - che non dobbiamo arrivare a vaccino e cappuccino. Se io ho un appartamento che non è a norma dal punto di vista elettrico, metto a norma l’appartamento o decido di comprare candele tutta la vita? Metto a norma l’appartamento, è evidente. Il vaccino è la mia candela che mi consente di vedere la luce servirà una volta all’anno come l’influenza. Non ci può essere quarta, quinta, sesta, settima dose. Sono stato sempre contrario e lo sono, anche perché fortunatamente le manifestazioni scientifiche ce lo consentono».