Covid, variante giapponese: il punto di vista di Massimo Galli

Il professor Massimo Galli è intervenuto nel corso della trasmissione Mattino 5, in onda su Canale 5, e ha offerto la sua posizione rispetto alla variante giapponese.

Nuova variante Covid sulla scena, la «giapponese». Ogni qualvolta emerge un nuovo ceppo del virus si moltiplicano allarmi, possibili effetti sull’efficacia dei vaccini e si iniziano ad immaginare scenari negativi. Tuttavia, il metodo migliore per affrontare i fatti è affidarsi a dati e pareri scientifici. Nella mattinata di martedì nel corso del programma Mattino 5 in onda su Canale 5 è arrivato, ad esempio, quello del professor Massimo Galli che ha chiarito il suo punto di vista.

Variante Covid giapponese: cos’è

La variante che si è diffusa in Giappone è identificata con il codice E484K. Tuttavia, ha ormai assunto anche la denominazione di «Eek» o «giapponese».

Una definizione che richiama il fatto che, pur essendo stata rintracciata in altre parti del mondo, parrebbe essersi sviluppata in maniera autonoma tra i pazienti positivi al Covid nel paese nipponico, tenuto conto che nessuno tra questi avrebbe avuto contatti con persone provenienti dall’estero o si era in prima persona spostata oltre confine.

Un’indagine condotta in un ospedale di Tokyo ha permesso di individuare che il 70% dei pazienti Covid, per i quali è stato effettuato il sequenziamento del virus di cui si erano infettati, avrebbe rivelato un contagio da variante giapponese (esattamente 10 soggetti su 14).

Covid: Massimo Galli spiega la questione legata alla variante giapponese

Rispetto alla possibilità che la nuova variante giapponese possa determinare paure per il futuro, Galli ha precisato un aspetto. «Vedremo. Devo dire - ha evidenziato - che chi trova una nuova variante non perde occasione di avere immediatamente un po’ di visibilità mediatica. Se avessimo dovuto seguire questa logica, un giorno sì ed un giorno no, magari per una minima variazione, avremmo potuto fare i comunicati stampa anche nel laboratorio del mio istituto».

«Francamente - ha proseguito - un conto è trovare quello che ci si può aspettare, cioè che il virus cambia. Un conto è trovarsi di fronte a qualche cambiamento di quelli tosti che ti danno problemi seri».

«Della variante del Kent, che noi chiamiamo variante inglese, gli inglesi - ha aggiunto l’infettivologo - che hanno forse il miglior sistema di monitoraggio delle varianti del mondo se ne sono accorti in novembre-dicembre, quando le prime manifestazioni sono, risalendo, verosimilmente addirittura della fine di settembre dell’anno scorso».

«Un po’ piano, un po’ adagio si dice a Milano da questo punto di vista. Non precipitiamo - ha chiosato - la gravità degli eventi, anche se questa è una cosa che va monitorata con accuratezza».

Parole quelle del professor Massimo Galli che invitano a placare eventuali allarmismi, ma allo stesso tempo suonano come un monito rispetto alla necessità di monitorare la situazione. Anche perché quello delle varianti resta un tema che continuerà ad essere oggetto di attenzione da parte della scienza anche dopo che, si auspica il più presto possibile, la campagna vaccinale sarà pressoché completata.

Non è un caso che molti scienziati segnalano la necessità di adeguati investimenti in risorse forza umana ai fini di un’attività di sequenziamento che possa essere tale da preservare la popolazione dalla possibile azione di nuove varianti, andandole ad intercettare il prima possibile.

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