Legge sui Parchi nazionali, perché gli ambientalisti non vogliono la riforma

La nuova legge sui Parchi nazionali è arrivata ieri alla Camera dopo l’approvazione in Senato: WWF e associazioni ambientaliste in rivolta contro la riforma. Ecco perché.

La Riforma delle legge quadro 394/91 sui Parchi nazionali è approdata ieri alla Camera. Dopo l’approvazione del Senato, il testo è stato rivisto in alcune parti dalla Commissione Ambiente della Camera stessa, presieduta da Ermete Realacci. Oltre a Realacci, altri ambientalisti di spessore lavorano in favore di questa nuova legge, quali i due ex-presidenti di Legambiente, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.

Ciò nonostante, le associazioni ambientaliste, WWF in prima linea, si oppongono fermamente ad una riforma che dal loro punto di vista rischierebbe di provocare dei danni gravissimi all’immenso patrimonio naturale italiano e porterebbe il sistema di protezione della natura indietro di 40 anni, come sostenuto dalla presidente di WWF Italia, Donatella Bianchi, che ha aggiunto

"La proposta di riforma che approda oggi in Aula alla Camera, dopo essere stata approvata al Senato, è una grande opportunità perduta: se il testo non verrà emendato ma licenziato frettolosamente, anziché rilanciare e rafforzare i Parchi italiani li indebolirà".

L’accusa mossa dagli ambientalisti nei confronti delle varie forze politiche, quindi, è di aver licenziato un testo per il quale non sono state prese in considerazione le richieste di modifica della versione inizialmente approvata dal Senato.

Cosa comporterà quindi la riforma della legge sui Parchi nazionali? E quali sono i motivi dello scontro con le associazioni ambientaliste?

Riforma legge sui Parchi nazionali: cosa cambiare e cosa eliminare

La legge quadro 394 del 1991 sulle aree protette è riuscita, dopo un dibattito durato trent’anni, a mettere in sicurezza e a porre sotto tutela il 10% del territorio nazionale, con un netto miglioramento rispetto al 3% precedente. Grazie a quella legge numerose aree fino ad allora marginali, come l’Aspromonte o la Val Grande, hanno ricevuto risorse pubbliche e sono state rivalutate grazie alla nascita di nuovi Parchi.

Nonostante ciò, ad oggi è ancora evidente un forte divario nella gestione delle risorse ambientali tra Nord e Sud, con vari Parchi come quello del Circeo o del Gargano che non vengono curati come dovrebbero. Ecco perché è emersa la necessità di una riforma e di una modernizzazione della legge 394/91.

E qui nasce lo scontro tra ambientalisti «puristi» e fautori della riforma: i primi ritengono che la tutela ambientale e l’economia debbano restare necessariamente separati; i secondi pensano che in Paese come l’Italia, in cui migliaia di cittadini vivono nelle aree dei Parchi nazionali, sia necessario arrivare a un compromesso, con un’economia ambientale mirata alla tutela, ma anche alla valorizzazione delle risorse dei vari territori.

Rossella Muroni, attuale presidente di Legambiente, ha spiegato il punto di vista della sua associazione e di altre associazioni ambientaliste coinvolte in questo dibattito, affermando che

"Per noi la proposta di Legge che modifica la legge quadro sulle aree protette 394/91 [...] contiene importanti novità rispetto al testo licenziato dal Senato. Permangono ancora dei punti da chiarire e migliorare, insieme ad altri che devono essere assolutamente cambiati, ma possiamo dire senza nessun imbarazzo che il testo è stato migliorato in maniera significativa".

Ecco allora, in sintesi, gli aspetti positivi della riforma:

  • Introduzione del Piano triennale per le aree naturali protette, che ripristina una programmazione e una gestione condivisa tra Regioni e Governo. Nel triennio 2018/2020 il Piano riceverà un finanziamento annuale di 10milioni di euro, che serviranno per mettere in atto strategie finalizzate al raggiungimento dello sviluppo sostenibile e alla realizzazione delle Green Communities;
  • Introduzione di una norma sulla parità di genere nelle nomine degli organi degli Enti Parco, dato che ad oggi sono soltanto 3 le donne che ricoprono l’incarico di direttore su un totale di 23 Parchi nazionali;
  • Rafforzamento dei divieti su attività di ricerca petrolifera nei Parchi e nelle aree contigue, e inasprimento della sanzioni per le violazioni di legge commesse all’interno di aree protette;
  • Svolgimento di una Conferenza nazionale sui Parchi ogni 3 anni;
  • Miglioramento gestione delle aree marine protette, con un incremento di 3 milioni di euro dei fondi ad esse destinati;
  • Conferma del divieto di introduzione di cinghiali sul territorio nazionale.

Aspetti della riforma da migliorare:

  • Mancato inserimento tra la classificazione delle aree protette delle aree umide riconosciute nella Convenzione di Ramsar e quelle della Rete natura 2000 riconosciute nelle direttive habitat e uccelli;
  • Definizione di competenze maggiori per la nomina a presidente di un Parco nazionale, e per la nomina del direttore gestione del concorso pubblico da parte di una commissione nominata dal Ministero dell’Ambiente;
  • Istituzione per ogni Parco di una Consulta, per garantire la partecipazione del partenariato economico e sociale, e di un Comitato tecnico-scientifico c a scopo consultivo;
  • Miglioramento delle royalties, ovvero del meccanismo per i risarcimenti alle aree protette per i danni subiti a causa delle attività impattanti, col superamento del modello di pagamento una tantum proposto dalla Commissione della Camera;
  • assegnazione ai parchi della gestione non solo dei beni demaniali, ma anche dei beni requisiti alla criminalità organizzata che sono presenti nelle aree protette.

Aspetti della riforma da eliminare:

  • Esclusione dell’incarico di presidente di parco dall’applicazione della legge 95/2012 che impedisce a chi riceve una pensione o un vitalizio di assumere incarichi dirigenziali;
  • Norma che permette ai Parchi di superare i limiti di spesa e i vincoli imposti al fine di contenere le cosiddette spese inutili;
  • Art.27 che prevede una delega al Governo per il Parco del Delta del Po, da sostituire con istituzione del Parco nazionale del Delta del Po.

Altro tema fondamentale, ma che non è stato preso in considerazione nella modifica alla legge sui Parchi, è il passaggio del Corpo Forestale nei Carabinieri e quindi la drastica riduzione delle forze che dovrebbero vigilare sulle aree protette. In attesa che venga migliorata la nuova forza di polizia ambientale, Legambiente ha sottoscritto con il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri un Protocollo di collaborazione volto a implementare la vigilanza nelle aree protette e a perseguire in modo più efficace i reati a danno dei Parchi.

I Parchi nazionali in Italia

In Italia è tutelato il 10,5% del territorio nazionale, il doppio della media europea. Il suo patrimonio ambientale è costituito da un enorme varietà di specie animali e vegetali, che sono una rara e preziosa risorsa per la biodiversità.

Per questo, in Italia ci sono 871 aree protette, per un totale di 3 milioni di ettari sulla terra ferma, 2,85 milioni di ettari di mare e 658 chilometri di costa. I Parchi nazionali sono 24, di cui solo 22 sono realmente operativi. Ci sono anche 27 Aree marine protette, che comprendono anche due parchi sommersi e il Santuario internazionale dei mammiferi marini «Pelagos».

Inoltre, sul territorio italiano possiamo trovare anche 48 riserve naturali statali, 134 parchi naturali regionali, 365 riserve naturali regionali e altre 171 aree protette con classificazioni diverse.