Recupero pensione non dovuta: fino a quando l’Inps mantiene il diritto a chiedere soldi indietro

pensioni erogate in più, ecco le regole che l’Inps deve rispettare per chiedere indietro i soldi al pensionato.

Le lettere Inps sui soldi da restituire sono una costante per molti pensionati. E senza soluzione di continuità, l’Inps invia a casa dei contribuenti le lettere in cui avvisa che è stata erogata una pensione superiore a quella spettante e che adesso deve essere restituita. Ma non sempre quello che scrive Inps è lecito, o meglio, non sempre l’Inps può richiedere i soldi indietro ad un pensionato.

Ci sono casi in cui l’errore l’ha commesso l’Istituto e ci sono altri casi in cui per decorso dei termini, ciò che pretende l’Inps non è più dovuto dal pensionato.

Soldi indietro Inps, fino a quando l’Istituto può richiederli?

Una buona parte della pensione erogata ogni mese ai pensionati italiani è collegata a determinate situazioni reddituali. Maggiorazione sociale, integrazione al trattamento minimo, assegni per familiari a carico, quattordicesima. Tutte prestazioni queste che l’Inps eroga a richiesta per il pensionato ma che sono suscettibili di variazioni in base alle dichiarazioni reddituali che lo stesso pensionato produce.

Queste prestazioni vanno confermate ogni anno e non è raro il caso in cui una determinata prestazione non è più spettante in base alla dichiarazione dei redditi resa alla Agenzia delle Entrate per chi ne è tenuto, oppure tramite il modello Red.

Immaginiamo il caso di un pensionato che oggi percepisce la quattordicesima per redditi fino a 1.000 euro al mese. Se la condizione reddituale cambia da un anno all’altro e si supera questa soglia, lo stesso pensionato non ha diritto alla mensilità aggiuntiva di luglio.

E se l’Inps continua ad erogare soldi al pensionato come quattordicesima, questa diventa illegittima e va restituita. In questo caso il pensionato ha poco da fare, anche perché produrre le variazioni reddituali all’Inps, nel caso di soggetti esclusi dall’obbligo di presentare le dichiarazioni dei redditi, è un dovere e un obbligo.

Quando è l’Inps che sbaglia

Basta il possesso di un nuovo reddito, anche di pochi euro per far perdere in capo al pensionato, il diritto alle prestazioni aggiuntive sulla pensione. Basti pensare che l’assegno sociale è erogato solo per soggetti con redditi fino a 5.889 euro annui o fino a 11.778 euro annui per i coniugati. Limiti di redditi vengono previsti anche per le prestazioni come la pensione di reversibilità, l’assegno d’invalidità, e tutte le sopracitate prestazioni aggiuntive come le maggiorazioni sociali.

Ma l’Inps non può procedere al recupero della pensione non dovuta in eterno, perché ci sono precise regole.
Così come il pensionato ha l’onere di comunicare ogni variazione di reddito o di composizione del nucleo familiare che incide sull’importo delle pensioni, così l’Inps ha l’onere di verificare ogni anno i redditi che possono incidere tanto sulla misura quanto sul diritto alla pensione.

In linea di massima l’Inps può chiedere soldi indietro al pensionato, solo se notifica le somme indebitamente concesse, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello a cui si riferisce la dichiarazione. Questo, se il pensionato ha ottemperato al suo obbligo, cioè se ha prodotto le dichiarazioni. In assenza di queste infatti, vale la prescrizione normale, quella che da 10 anni di tempo all’Inps per attaccare il pensionato e chiedere la restituzione degli indebiti.

I pratica, vale la regola prodotta da numerosi Tribunali chiamati a giudicare ricorsi dei cittadini, che se la dichiarazione dei redditi o la dichiarazione Red, non è stata presentata, l’Inps ha 10 anni di tempo per recuperare gli indebiti. Se invece le dichiarazioni sono state rese, l’Inps ha tempo fino al 31 dicembre dell’anno successivo alla presentazione della dichiarazione per notificare l’indebito.

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