Perché esiste (ancora) la fame nel mondo?

Un report della Fao dimostra come nel 2016 il numero di persone sottonutrite sia aumentato. La causa principale? I conflitti e i disastri ambientali.

Fin da bambini siamo stati abituati a sentir parlare della fame nel mondo. Un mostro che causa milioni di vittime, fra cui soprattutto donne, anziani e bambini denutriti. Nel corso degli anni, la Fao (Food and Agricolture Organization), agenzia delle Nazioni Uniti specializzata nel campo, ha cercato soluzioni a questo problema.

Perché ancora oggi esiste la fame nel mondo?

Proprio un report della Fao, pubblicato nel 2017, ma riferito all’anno 2016, mostra come i livelli di fame nel mondo siano di nuovo aumentati, dopo anni di miglioramenti.
815 milioni sarebbero le persone sottonutrite nel 2017, in confronto ai 777 milioni dell’anno precedente, fra 155 milioni sono bambini sotto i cinque anni. Al primo posto di questa classifica vi sono i paesi dell’Africa centrale (33.9% di persone sottonutrite), dell’Africa dell’est (22.7%), i Caraibi (17.7%) e i paesi della parte sud dell’Asia (14.4%).

Ma, ci dice la Fao, spesso il problema non è la mancanza di cibo, ma il contesto in cui queste persone vivono. A volte il cibo c’è, ma migliaia di persone non possono averlo.

Prima di tutto, c’è il contesto politico: molti di questi paesi sono affetti da guerre, conflitti interni, situazioni di forte instabilità.

Il numero dei conflitti è aumentato nell’ultimo decennio, in particolare in quei paesi che già stavano affrontando un’alta insicurezza alimentare con molta di questa violenza che ha colpito le aree rurali e ha avuto un impatto negativo sulla produzione del cibo e sulla sua disponibilità. Questo insorgere di conflitti ha riguardato principalmente i paesi africani e quelli del Medio Oriente e ha causato gravi crisi di cibo.

Una delle principali linee di azione della Fao, infatti, oltre al miglioramento delle tecniche di agricoltura e della produzione del cibo, è la pace. Sostenere la pace significa anche dare stabilità alla popolazione e senza pace un cambiamento della fame nel mondo sarebbe impensabile.

In secondo luogo, c’è il contesto ambientale e climatico, che spesso si aggiunge ai conflitti in corso: alcuni dei paesi in cui vi è una grave crisi alimentare sono stati colpiti da particolari eventi atmosferici (ad esempio El Niño), catastrofi naturali o lunghi periodi di siccità e carestie – che sono andati ad aggravare invece che a migliorare una situazione già non molto positiva in partenza.

Infine, ci avverte la Fao, si sono verificati dei peggioramenti anche in alcuni paesi non colpiti da guerre né da carestie:

Vi sono stati dei peggioramenti in particolare laddove rallentamenti economici hanno prosciugato il cambio di moneta e il gettito fiscale. Questo ha colpito anche la disponibilità del cibo (riducendo la capacità di importazione), e l’accesso al cibo a causa di uno spazio fiscale più limitato per proteggere le famiglie più povere dall’innalzamento dei prezzi dei prodotti alimentari, come si è visto nel caso di parti dell’America Latina o dell’Est Asiatico.

È così che l’anno di fine della fame nel mondo rimbalza ancora più avanti nel tempo: la Fao propone il 2030. Ma siamo sicuri che non ne sentiremo più parlare?