Pensioni: per i nati nel 1956 le pensioni si allontaneranno e la riforma servirà a poco

Anche se si interverrà con una profonda revisione del sistema previdenziale, molti nati nel 1956 pagheranno dazio.

La riforma delle pensioni è necessaria per evitare lo scalone di quota 100 dopo la sua scomparsa a partire dal 2021. Riforma necessaria anche per dotare il sistema previdenziale della flessibilità necessaria per via del contributivo. E riforma necessaria anche per superare la riforma Fornero, che ha reso il sistema rigido e le misure pensionistiche difficili da centrare.

Il cantiere riforma è fermo al palo, con ritardi inevitabili vista l’emergenza sanitaria del paese. Ma che venga attuata o meno, ci saranno lavoratori che non potranno che patire le conseguenze di una pensione che si allontanerà sempre di più nel tempo.

E se c’è una fetta di popolazione che inizierà presto a pagare le conseguenze sono i nati nel 1956, cioè i 65enni di oggi. Per loro, ma non solo, le pensioni si allontaneranno, in barba a tutte le ipotesi di pensionamento anticipato che si fanno o a tutte le misure di anticipo oggi vigenti.

Il nato nel 1956, la pensione si allontana

I nati nel 1956 saranno penalizzati in termini di pensionamento, ma perché proprio i nati nel 1956? Parliamo delle persone che oggi hanno 65 anni di età o che si accingono a compierli. Per loro esistono diverse misure di anticipo pensionistico, ma necessitano di carriere piuttosto lunghe e complesse, con anni di contribuzione rilevanti.

Sono 38 anni per esempio quelli che consentirebbero ad un nato nel 1956, un 65enne di oggi, di anticipare la pensione con la quota 100.
E servono 30 o 36 anni per l’Ape sociale, 35 per le lavoratrici con opzione donna, 41 anni per la quota 41 e 42,10 o 41,10 per le anticipate ordinarie.

Con pochi anni di contributi le porte delle pensioni restano chiuse se non si arriva a 67 anni e si centra l’età pensionabile per la quiescenza di vecchiaia. E per chi è nato nel 1956, se ne riparlerà nel 2023.

L’aspettativa di vita dal 2023, 3 mesi in più?

Anche se non c’è nulla di ufficiale ancora, per chi oggi ha 65 anni, la pensione di vecchiaia che potrà essere presa nel 2023 quando basterebbero 20 anni di contributi versati, slitterà a 67 anni e 3 mesi. Dovrebbe essere questo lo scenario dettato dall’aspettativa di vita.

Infatti fino al 2022 l’età pensionabile è già stata ufficialmente bloccata a 67 anni, ma dal 2023 è previsto un nuovo scatto di 3 mesi, dopo l’ultimo del 2019 che issò l’età pensionabile 5 mesi più in avanti nel tempo, cioè da 66 anni e 7 mesi a 67 anni.

E se davvero non sopraggiungerà una riforma, allo scalone di 5 anni cui andranno incontro tutti coloro che non sono riusciti ad arrivare a 38 anni di contributi entro la fine del 2021, si aggiungerebbero altri mesi di attesa.

E se allo scenario previdenziale cupo si aggiunge quello lavorativo, con la crisi occupazionale di oggi e con i licenziamenti che scatteranno inevitabili a fine blocco e fine emergenza nazionale, il fatto che le pensioni si allontaneranno è pressoché certo.

Anche perché con l’incremento dei decessi per via della pandemia, la stima di vita degli italiani dovrebbe diminuire e non aumentare, ma fa specie il fatto che questo argomento non sia trattato da nessuno e che anzi, si parla di aumenti per le aspettative di vita.