Pensioni, intervista a Orietta Armiliato (CODS): ’donne sempre più sfiduciate, serve riconoscere il lavoro di cura’

Riforma pensioni, l’intervista esclusiva ad Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social

Nelle ultime settimane è ripreso in modo serrato il confronto tra governo e sindacati. In questo contesto, dai comitati dei lavoratori sono arrivati spunti e rivendicazioni. Una constatazione particolarmente rilevante per il Comitato Opzione Donna Social, da sempre in prima linea rispetto a temi come la valorizzazione di cura e la necessità di agire per ridurre il gender gap. Abbiamo quindi deciso di fare il punto della situazione con Orietta Armiliato, fondatrice e amministratrice del CODS.

Partiamo dalle notizie in arrivo nelle ultime ore: sembra che la discussione sulla flessibilità previdenziale si sia spostata sulla possibile abolizione anticipata della quota 100, una misura che non è risultata molto favorevole nei confronti delle donne con carriere discontinue. Qual è la sua posizione al riguardo?

“Il metodo Penelope” non incontra le mie simpatie in nessun campo, convinta come sono che le norme in generale e specie quelle pensionistiche, non possono essere costantemente assoggettate al precariato. Ciò detto trovo corretto che, qualora si riscontri che un provvedimento abbia disatteso le aspettative (per di più impegnando ingenti risorse economiche), lo si ri-pensi modificandolo. Come, per esempio, noi del CODS proponemmo già lo scorso anno, proprio per renderlo fruibile anche alle donne ed incontrando il favorevole parere di alcune OO.SS. Mi riferisco a quella che battezzammo come Quota 100 Rosa e che la politica decise però di non prendere in considerazione.

In via più generale, come stanno vivendo le iscritte al CODS questa nuova fase di riforma del settore previdenziale? C’è l’aspettativa che possano finalmente arrivare cambiamenti concreti in favore di tematiche come il gender gap o la valorizzazione del lavoro di cura?

Difficile misurare l’aspettativa quando la girandola di proposte abbaglia con “luci suoni e colori”, come sta avvenendo in questo momento. Quello che è certo è che le donne sono sempre più sfiduciate proprio perché da troppo tempo hanno acquisito la consapevolezza del fatto che, quando la girandola si ferma... oltre allo stordimento prodotto appunto da “suoni, luci e colori”, null’altro resta. La prova provata di quello che questa mancanza di fiducia produce sono state le 13 milioni di donne che alle ultime elezioni europee hanno rinunciato alla loro espressione, disertando i seggi.

Ma quali sono le richieste effettive delle lavoratrici del comitato al governo e quali le aspettative rispetto al percorso di ripensamento del sistema avviato con l’inizio del 2020?

Le stesse che proponiamo da sempre poiché siamo convinte, analisi e statistiche alla mano, di quello che sosteniamo. Sono le medesime che anche con il nostro contributo furono inserite nella piattaforma sindacale unitaria, che ancora oggi transita, gira e tenta di imporsi all’attenzione di chi è preposto a legiferare. Parliamo quindi della possibilità di pensionamento al massimo attorno ai 62 anni, con un requisito contributivo che non vada oltre di 35/36 anni, proprio in virtù del riconoscimento di cura ordinario domestico al quale, per comodo, convenzione e spesso per sottocultura le donne sono chiamate a svolgere. E tengo a precisare che tutto il genere ne è coinvolto: siano esse madri o non madri.

Nelle ultime settimane è emersa con sempre maggiore forza la tematica delle differenze di genere, mentre sullo sfondo si sta preparando un intervento che va oltre alla mera questione previdenziale. Si pensi, ad esempio, alla realizzazione del family act. In questo senso, lei ha proposto nel CODS l’avvio di un percorso di alfabetizzazione di genere che inizi sin dall’ingresso dei bambini all’asilo. Può spiegarci qualcosa in più al riguardo?

La grande scommessa oggi è, a mio avviso, quella di riuscire a dare l’avvio ad un processo di inversione culturale che non sia solo o prevalentemente normativo. Occorre formare gli individui, educarli per poter equilibrare sia nella società sia nei rapporti (specie in quelli familiari) quell’asse di parità che per “N” motivi (tutti più o meno aventi un fondo opportunistico) non consente una corretta visione, poiché attribuisce ruoli convenzionali così, random... spessissimo solo per mera assurda convenzione. Bisogna dunque lavorare al fine di scardinare quegli stereotipi che etichettano la donna come poco affidabile o peggio indisponibile, poiché si deve necessariamente assumere il carico delle responsabilità del lavoro domestico e di cura oltre a, sia per una realizzazione del sé ma non solo, partecipare economicamente al mantenimento proprio e del nucleo cui riferisce. Occorre dunque cominciare proprio dall’ABC, come vado dicendo da tempo, ovvero ricorrere ad una vera e propria “alfabetizzazione sociale” come mi piace chiamarla, che identifichi luoghi e percorsi puntuali dove poterla esercitare. Anzi userei proprio il termine insegnare. E dove meglio che nelle scuole, a partire dall’asilo, si può incominciare ad alfabetizzare una comunità?

Ringraziamo l’amministratrice del CODS Orietta Armiliato per la sua gentile disponibilità e ricordiamo che è possibile citare o riprendere le dichiarazioni rilasciate in esclusiva citando la fonte dell’intervista.