Pensioni, con la riforma stop a quota 100: verso rinnovo APE sociale e Opzione donna, dal 2022 quota 102 o 41

Sulle pensioni prosegue il confronto tra governo e sindacati: dopo l’ultimo incontro viene confermato lo stop alla quota 100 e si studia come superare lo scalone della legge Fornero, ma l’uscita anticipata potrebbe comportare un costo salato per i lavoratori.

Il dossier sulle pensioni attende una soluzione definitiva riguardo lo stop alla quota 100, mentre dopo l’ultimo tavolo tra Ministero del Lavoro e piattaforma sindacale (Cgil, Cisl e Uil) arrivano le prime conferme rispetto alla proroga dell’APE sociale e dell’opzione donna. A fare da spartiacque è la necessità di garantire la flessibilità previdenziale senza pesare eccessivamente sulle casse dello Stato.

Da questo punto è arrivata la conferma sulla necessità di trovare un nuovo meccanismo di prepensionamento generalizzato, in grado di favorire anche il ricambio generazionale. Un obiettivo che non sembra essere stato centrato dalla quota 100, che ha riscosso un successo limitato rispetto alle attese.

Al fine di centrare l’obiettivo, allo studio vi sarebbe quindi una nuova quota 102, che potrebbe essere avviata assieme a un allargamento delle categorie già beneficiare della quota 41 (attualmente disponibile per alcune specifiche situazioni di disagio individuate dalla legge, come nel caso dei disoccupati, dei lavoratori con invalidità superiore al 74%, dei caregiver e di coloro che hanno svolto specifiche attività gravose o usuranti).

Pensioni anticipate: il rischio di un conto salato per i lavoratori

Sullo sfondo permane però il rischio di un costo piuttosto salato per i lavoratori che dovessero decidere di aderire alla nuova pensione anticipata. La fine della quota 100 potrebbe andare a pesare, in particolare, sulla classe dei nati nel 1960, ovvero di coloro che compiranno 62 anni di età a partire dal 2022 e che hanno iniziato a versare i propri contributi a partire dal 1984.

In questo caso la maturazione dei 38 anni di versamenti richiesti per la quota 100 (insieme ai 62 anni di età) avverrebbe proprio a partire dal 2022. La maggior parte di questa platea, senza l’avvento di ulteriori meccanismi di flessibilità, rischia di dover attendere i 67 anni per poter ottenere la quiescenza (secondo le regole ordinarie previste con la pensione di vecchiaia).

Questo salto è esattamente lo scalone che si vorrebbe evitare grazie a un nuovo provvedimento di flessibilità, il quale sembra però dover prevedere una penalizzazione sul valore del futuro assegno a partire dal 2-3% l’anno e che potrebbe estendersi fino al 15% rispetto a quanto si potrebbe percepire continuando a lavorare fino alla maturazione della pensione ordinaria (i calcoli sono stati eseguiti da Progetica).

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Le pensioni flessibili con la nuova quota 102

Stante la situazione appena descritta, se prendesse forma la cosiddetta quota 102, si prospetterebbe la possibilità di garantire un’uscita flessibile a partire dai 64 anni di età e al contestuale raggiungimento dei 38 anni di versamenti. Mediamente i lavoratori potrebbero approfittare di un anticipo di quasi tre anni, ma accettando di ricevere una pensione più bassa fino al dato già citato del 15%.

La proposta della quota 41 riguarda invece la possibilità di estendere l’opzione anche ad altre categorie di lavoratori rispetto a quelli che possono beneficiare della misura attualmente. Si parla di occupati che vivono condizioni di fragilità, anche per via dei rischi connessi alla diffusione del coronavirus. Si pensi ad esempio ai malati immunodepressi, a coloro che risultano in attesa di trapianto, ai diabetici o ai cardiopatici.

Ma nella categoria dei beneficiari potrebbero rientrare anche tutti coloro che hanno perso il lavoro per via del superamento del periodo di malattia garantito dall’ente pubblico di previdenza (sei mensilità), oltre a coloro che risultano compresi nei settori lavorativi con elevato rischio di contagio.

Riforma pensioni: nella legge di bilancio 2021 la proroga di opzione donna e APE sociale

Se la quota 100 potrà continuare a essere utilizzata anche per tutto il prossimo anno, così non risulta attualmente per altre sperimentazioni che scadranno al prossimo 31 dicembre 2020. Per questo motivo, governo e sindacati stanno lavorando sulla proroga dell’APE sociale e sull’estensione della platea dell’opzione donna.

Quest’ultima potrebbe aprire le porte anche alle lavoratrici nate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre del 1962 (per le autonome si parla invece della classe 1961). I criteri di accesso dovrebbero rimanere gli stessi, ovvero 58 anni di età (un anno in più per le autonome) e 35 anni di versamenti, accettando il ricalcolo contributivo puro e una finestra d’attesa di 12 mesi (18 mesi per le lavoratrici autonome).

L’APE sociale dovrebbe invece essere estesa fino al termine del 2021, in attesa che possa entrare in opera la nuova riforma delle pensioni. In questo caso l’accesso è consentito a partire dai 63 anni di età e con almeno 30-36 anni di versamenti, con un possibile allargamento della platea dei lavoratori che possono fruirne in virtù di particolari situazioni di rischio o disagio.

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