Pensioni a 64 anni dal 2022? Ecco il punto per i nati dal 1958

Sarebbe questa la soluzione più fattibile per il post quota 100, dentro la pensione a 64 anni come i contributivi.

E il post quota 100 il problema più impellente da affrontare sulle pensioni. Certo, non che manchino altre urgenze nel sistema previdenziale nostrano, perché le regole per le pensioni sono dure ed aspre come in nessun altro posto probabilmente.

Ciò che è urgente però, è senza dubbio alcuno il nodo dello scalone di quota 100. I 5 anni che potrebbero scaricarsi addosso ai nati dal 1960 sono lo spauracchio da superare.

Le ipotesi sono molteplici così come le proposte. Alcune sembrano fattibili, altre invece sono complicate da poter approvare. Nel frattempo è ripartito il tavolo della trattativa tra sindacati e governo.

Il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha già sentito in settimana i sindacati, che hanno continuato a produrre le loro richieste classiche. La misura più probabile però è un nuovo strumento dai 64 anni di età. Non risolverebbe il problema immediato per i nati nel 1960, ma aprirebbe le porte del pensionamento a moltissimi altri lavoratori.

La pensione a 64 anni, meno contributi più età

Il paradosso di ciò che accadrà nel 2022 riguarda sostanzialmente chi è nato fino al 1959 e chi dopo. La quota 100 ormai non ha segreti, largamente dibattuta e discussa. Si va in pensione dai 62 anni di età con 38 anni di contributi.

L’alternativa a chi magari non ha raggiunto i 38 anni di contribuzione versata, resta la pensione di vecchiaia, quando basterebbero 20 anni di contributi versati ma solo a 67 anni di età.

Ben 5 anni di differenza, cioè il cosiddetto scalone. Ed è quello che si troveranno di fronte proprio i nati a partire dal primo gennaio 1960, nati troppo tardi per la quota 100.

E così si pensa a una misura che permetta di andare in pensione a 64 anni. Certo, per i nati nel 1960 questo non permetterebbe il pensionamento nel 2022, perché sarebbe il 2024 l’anno buono. Meglio del 2027 della pensione di vecchiaia, ma non propriamente il massimo.

Il vantaggio sarebbe quello della minor carriera necessaria, perché dai 38 anni di quota 100 (di cui 35 effettivi da lavoro, senza i figurativi di malattia e disoccupazione), si scende a 20 anni, la medesima carriera contributiva della pensione di vecchiaia.

Il retributivo come unico calcolo

Il sistema già oggi è dotato di una misura che permette l’uscita a 64 anni di età con 20 di contributi. Ma è una misura destinata a chi è privo di carriera antecedente il primo gennaio 1996. In effetti sono i contributivi puri quelli che hanno diritto alla pensione anticipata contributiva.

Misura che si chiama così perché riguarda chi ha iniziato a versare dopo l’ingresso del sistema contributivo nel 1996, con la riforma Dini. Ma misura che si chiama così perché le pensioni vengono liquidate esclusivamente con il metodo contributivo.

L’ipotesi che si fa strada è quella di estende a tutti, anche ai retributivi, questa pensione anticipata. Opzione possibile e fattibile, perché si tratta di fare scegliere al lavoratore quando uscire, ben conscio però di rischiare un piuttosto netto taglio di assegno dal momento che la pensione non verrebbe più calcolata col metodo retributivo più vantaggioso.

Se di calcolo e di requisiti, rispetto a quota 100 parliamo di una misura meno vantaggiosa per i nati nel 1960, la misura può essere un toccasana per molti. Pensiamo ai nati nel 1959 che per poco (meno di 38 anni di contributi), non hanno centrato la quota 100. Per loro potrebbe tornare utile questa pensione anticipata a 64 anni nel 2023.