Pensioni 2022, come potrebbero uscire i nati nel 1958: combinazione 64+20

Senza la quota 100 e forse pure senza l’Ape sociale, non resterebbe che l’anticipata contributiva per anticipare la pensione per chi ha solo 20 anni o poco più di contributi.

Una misura che scompare del tutto, l’altra per la quale si ipotizza la stessa sorte, anche se c’è più di qualche possibilità che venga confermata. Questi gli scenari 2022 per le pensioni e per le due misure che scadranno proprio il 31 dicembre prossimo. Parliamo di quota 100 e dell’Ape sociale.

La prima ormai è assodato, non andrà oltre il 31 dicembre 2021 come data entro cui maturare il doppio requisito utile alla sua fruizione, cioè 62 anni di età e 38 di contributi.

La seconda scade il 31 dicembre prossimo anch’essa, ma essendo più una misura assistenziale che previdenziale, e avendo anche i lavori gravosi tra le categorie a cui è destinata, non è difficile ipotizzare che si possa arrivare alla classica proroga nella prossima manovra di Bilancio, come da diversi anni a questa parte accade.

E le probabilità di proroga sono piuttosto elevate soprattutto se non si arriverà ad introdurre nuove misure previdenziali, cioè se non si arriverà ad una riforma del sistema.

Ipotizzare che senza mettere mano alla previdenza, di colpo si avalli la cancellazione della quota 100 e pure quella dell’Ape sociale, appare difficile. Basti pensare che la sola fine di quota 100 rischia di far sprofondare nello scalone di 5 anni gli sfortunati che non vi rientreranno.

In tutto questo scenario negativo, i più penalizzati potrebbero essere i nati nel 1958, quelli che nel 2022 si troverebbero a 64 anni di età e senza avere due opzioni valide di uscita come lo sono oggi la quota 100 e l’Ape sociale. A maggior ragione la penalizzazione sarebbe inevitabile per chi ha carriere corte, magari pari a soli 20 anni di contributi o poco di più.

Il nati nel 1958 e cosa possono fare per la quiescenza nel 2021

La strada unica è quella di riuscire a completare i requisiti necessari per la quota 100 piuttosto che per l’Ape Sociale entro la fine dell’anno, cioè entro la data in cui il funzionamento delle misure è garantito. La data da cerchiare di rosso sul calendario è il 31 dicembre 2021.

Entro tale data occorrerebbe completare o i 62 anni di età per la quota 100 o i 63 anni di età per l’Ape sociale (ed i nati nel 1958 vi rientrano perfettamente in entrambe le misure).

Inoltre, per la quota 100 servono 38 anni di contribuzione versata, mentre per l’Ape sociale 36 anni se si svolge una attività gravosa, o in alternativa 30 anni per invalidi, disoccupati e caregivers.

Dato che l’età minima per le due misure, se si parla di soggetti nati nel 1958 è un dato acquisito e valido, completare i periodi di contribuzione richiesti dopo il 31 dicembre 2021 significa essere di fatto tagliati fuori da entrambe le misure.

La pensione anticipata contributiva

L’unica via per i nati nel 1958 che si trovano in una delle due situazioni prima citate, cioè a non aver completato i periodi contributivi utili a quota 100 e all’Ape sociale, oppure a non avere quella dote di versamenti utili alle due misure, resterà nel 2022 la pensione anticipata contributiva.

Fosse solo per il doppio requisito anagrafico contributivo, si tratterebbe di una misura facilissima da centrare dal momento che prevede la combinazione 64+20, una specie di quota 84. Ma occorre anche rispettare altre due condizioni che rendono la misura difficile e non aperta a tutti. In primo luogo è necessario che il primo contributo versato sia antecedente l’entrata in vigore del sistema contributivo.

La data è quella del 1° gennaio 1996 ed è quella a partire dalla quale deve partire la carriera del soggetto che sarebbe interessato alla pensione anticipata contributiva. E poi c’è il limite delle 2,8 volte l’assegno sociale da rispettare in termini di importo della pensione.

La pensione per essere liquidata con questa misura, deve essere pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale, cioè circa 1.288,78 euro al mese visto che per il 2021 l’assegno sociale è pari a 460,28 euro. Pensioni liquidate con importo più basso in sede di calcolo, non danno diritto all’uscita con questa misura.

I sindacati tra le varie proposte hanno prodotto anche una che riguarda da vicino questa misura, chiedendo che si abbassi proprio l’ultimo requisito, magari portando la pensione minima utile alla misura, ad 1,5 volte l’assegno sociale, e si arriverebbe a 690 euro circa. Un cambiamento che renderebbe potenzialmente ben più appetibile la misura.