Pensione di reversibilità: cos’è, come funziona e quando si matura il diritto

L’assegno di reversibilità è una pensione che viene riconosciuta in favore del coniuge, dei figli o di un familiare dopo il decesso del lavoratore o pensionato. Ecco quali sono i relativi principi di funzionamento.

Tra i meccanismi di salvaguardia previsti dall’Inps ne esiste uno che va a tutelare in particolare i familiari superstiti qualora dovesse purtroppo avvenire il decesso di un pensionato, oppure di un contribuente che ha effettuato versamenti all’Istituto pubblico di previdenza. Si tratta della pensione di reversibilità e di quella indiretta, due meccanismi che prendono luogo quando si verificano alcune precise condizioni previste dalla legge.

Che cos’è la pensione di reversibilità e come funziona

Partiamo con una definizione operativa, evidenziando quali sono i meccanismi di funzionamento della pensione di reversibilità così come vengono definiti dalla stessa Inps. Con tale accezione si intende la pensione che viene erogata ai familiari di un pensionato deceduto mentre percepiva un assegno o era in corso la relativa liquidazione. Un secondo caso è invece rappresentato dalla già citata pensione indiretta, che viene erogata in favore dei familiari del lavoratore che risulta deceduto avendo maturato almeno 15 anni di versamenti, oppure in alternativa nel momento in cui ha versato almeno cinque anni di contribuzione nel periodo antecedente al decesso.

Nella pratica la pensione ai superstiti prende luogo dal primo giorno successivo alla morte del pensionato e viene calcolata sulla base di specifiche aliquote di reversibilità, in base alla peculiare situazione familiare. In senso maggiormente specifico, la legislazione prevede che il coniuge benefici del 60% dell’emolumento qualora non abbia figli. La percentuale viene incrementata di un ulteriore 20% (salendo all’80%) con un figlio, mentre qualora siano presenti due figli o più viene riconosciuto il 100% dell’assegno. La percentuale non può comunque superare quest’ultimo valore, andando a garantire l’assegno nella sua interezza.

Chi matura il diritto alla pensione di reversibilità

Per quanto concerne la maturazione del diritto alla pensione di reversibilità, abbiamo visto che l’assegno spetta innanzitutto al coniuge ed ai figli, purché questi non abbiano raggiunto la maggiore età. Il requisito anagrafico può però essere innalzato fino ai 26 anni di età per motivi riconosciuti di studio (ovvero la frequenza in corso di un istituto universitario). Viene invece escluso qualsiasi limite di età per i figli che risultano inabili al lavoro ed a carico del genitore deceduto.

I figli possono inoltre rientrare tra quelli naturali, adottivi o affiliati e riconosciuti o dichiarati dal deceduto. Sono ammessi all’istituto della reversibilità anche i minori che risultavano regolarmente affidati dagli organi di legge, i nipoti minori figuranti come a carico nonché i figli postumi quando nati entro il tredicesimo giorno dalla data del decesso.

Per quanto concerne invece il coniuge, rientra nel meccanismo di tutela della reversibilità anche se separato (purché risulti iscritto all’ente prima della sentenza di separazione). Il coniuge divorziato deve invece essere titolare di un assegno di divorzio e non deve aver contratto un nuovo matrimonio. In caso di nuove nozze successive all’assegnazione dell’assegno di reversibilità viene liquidata una somma una tantum uguale a 26 volte l’importo della pensione percepita alla data del nuovo matrimonio, dopodiché l’assegno di reversibilità cessa di avere efficacia.

Gli altri familiari che possono maturare il diritto alla reversibilità

Tra gli altri familiari che possono ottenere la reversibilità dell’assegno pensionistico rientrano anche i nipoti a carico al momento del decesso, purché non abbiano maturato un’età superiore ai 18 anni. In questo caso non è necessario che si sia formalizzato un affidamento. Un secondo caso particolare riguarda i genitori a carico, nel momento in cui risulta mancante il coniuge dei figli o dei nipoti. Questi devono però avere un’età uguale o superiore ai 65 anni e non devono risultare titolari di una pensione indiretta o indiretta.

Infine, possono rientrare nel meccanismo di tutela anche i fratelli celibi e le sorelle nubili nel momento in cui dovessero mancare il coniuge o gli altri familiari. Per poter ottenere il beneficio devono però risultare inabili al lavoro ed a carico del lavoratore o pensionato defunto al momento del decesso.

Come richiedere la prestazione di reversibilità

Per poter ottenere l’assegno di reversibilità è necessario presentare all’Inps un’apposita domanda, che può essere inviata direttamente dagli uffici dell’ente oppure dal contact center o dal sito web dell’Inps (essendosi premuniti dei codici di accesso e del PIN operativo). La pratica di richiesta dovrà risultare completa della documentazione ritenuta necessaria. Tra questa figura il certificato di morte e di matrimonio, oltre allo stato di famiglia al momento del decesso (i documenti possono essere prodotti tramite autocertificazione).

Bisogna inoltre allegare la dichiarazione di non avvenuta pronuncia di sentenza di separazione con addebito e di non avvenuto nuovo matrimonio. Oltre a ciò, è necessaria la dichiarazione relativa al diritto alle detrazioni d’imposta e la dichiarazione reddituale, oltre alle modalità utili per eseguire il pagamento della prestazione. Per chi lo desidera è possibile anche appoggiarsi alla consulenza di un patronato, che provvederà a redigere la pratica ed a raccogliere i documenti per conto del richiedente, effettuando quindi l’inoltro all’Inps.

L’assegno decorre dal mese successivo alla data del decesso del pensionato o del lavoratore. La data è indipendente dal momento della presentazione della domanda di quiescenza.

La riduzione dell’assegno in caso di ulteriori redditi del beneficiario

Stante il quadro appena evidenziato, la normativa vigente prevede una riduzione del 25% qualora il beneficiario maturi un reddito alternativo superiore a 3 volte il trattamento minimo relativo al fondo pensione dei lavoratori dipendenti. La decurtazione sale poi al 40% in caso di ulteriori redditi superiori a 4 volte il trattamento minimo, mentre si arriva a toccare il 50% per redditi superiori a 5 volte la minima.

Infine, qualora l’assicurato deceduto non abbia maturato i requisiti minimi per garantire una pensione di reversibilità resta comunque aperta l’opzione dell’indennità una tantum. Se si risulta iscritti nel sistema contributivo puro quest’ultima viene garantita in favore dei superstiti moltiplicando l’importo dell’assegno sociale per il numero di anni di contributi effettivamente accreditati. Qualora invece si rientri nel sistema retributivo o misto, l’indennità viene proporzionata ai contributi effettivamente apportati, purché sia presente almeno un anno di versamenti nell’ultimo quinquennio.