Pensione a 64 anni per tutti, anche la Corte dei Conti dice si, ecco i requisiti

In base all’analisi dei conti pubblici della Corte dei Conti, si apre ad una misura previdenziale a partire dai 64 anni di età.

Continua la discussione su quello che a tutti gli effetti potrebbe diventare l’argomento principale delle prossime settimane, cioè il capitolo pensioni. Infatti al termine del 2021 andrà in soffitta la quota 100 ed occorrerà mettere in atto alcune modifiche al sistema previdenziale per evitare che si venga a creare uno scalone di 5 anni tra gli ultimi che riusciranno a sfruttare lo scivolo e i primi ad esserne esclusi.

Sull’argomento va registrata la novità che viene fuori dalla Corte dei Conti che ha come prassi, prodotto il Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica. E di pensioni si è parlato un bel po’ nel rapporto, con alcune novità che potrebbero risultare determinanti adesso che sindacati e governo si siederanno al tavolo delle trattative per discutere nuovamente di riforma delle pensioni.

Il rapporto della Corte dei Conti

Quota 100 è stata la misura più discussa e forse discutibile tra quelle nate negli ultimi anni. E nel rapporto della Corte dei Conti si parla proprio di questo. Già inizialmente, per come era impostata la misura, si parlava di uno strumento che riguardava sostanzialmente soggetti con carriere lunghe e durature, statali soprattutto e uomini per la stragrande maggioranza.

Infatti la misura ai 62 anni di età minima previsti, affiancava non meno di 38 anni di contribuzione, altrettanto minima da centrare. E gli esiti di questi 3 anni di sperimentazione (quota 100 scadrà il 31 dicembre prossimo), confermano le indicazioni iniziali.

Infatti nel rapporto dei giudici della Corte dei Conti si legge che «al 31 gennaio 2021, il numero di pensioni complessivamente liquidate con Quota 100 risultava pari a 278 mila, prevalentemente riferibili a lavoratori maschi del settore privato. Nell’ultimo anno invece di è registrato un aumento di pensionamenti con la quota 100, nel settore pubblico».

Ciò che più stride rispetto ad una misura che prevedeva come combinazione più favorevole quella 62+38, è il fatto che sono usciti per lo più persone con 63 o 64 anni e con 40 o più anni di contribuzione. In altri termini, l’uscita da quotisti puri come vengono chiamati quelli che hanno completato 62+38 esatti è stata al di sotto dell’attesa. E questo fa propendere verso una soluzione che innalzi l’età di uscita, cosa che anche la Corte dei Conti suggerisce.

Infatti pur considerando la riforma Fornero come una soluzione necessaria per poter rendere sostenibile il sistema (e la riforma effettivamente nacque con il decreto Salva Italia in un momento di grave crisi economica), è altrettanto evidente che negli anni sono state molteplici le misure che hanno operato in deroga a quanto stabilito dalla riforma Fornero.

Il riferimento a misure meno rigide in termini di uscita, che fa la Corte dei Conti riguarda sostanzialmente opzione donna e Ape sociale, misure mirate a mitigare gli effetti negativi della riforma Fornero per determinate categorie di soggetti da salvaguardare, come le donne, gli invalidi, i disoccupati, i caregivers o chi svolge lavori particolarmente logoranti.

Pensione a 64 anni per tutti

Misure come l’Ape sociale la Corte dei Conti le vorrebbe strutturali. Inoltre per equiparare il trattamento pensionistico tra contributivo e retributivo, la Corte dei Conti suggerisce di portare anche a chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, la pensione a 64 anni come per i contributivi puri. Infatti a questi ultimi viene concessa la facoltà di uscire a 64 anni di età con 20 di contributi, a condizione che la pensione sia prossima ai 1.300 euro al mese.

E la stessa facoltà dovrebbe venire estesa anche a chi rientra nel sistema retributivo o misto, in modo tale che non ci sia disparità di trattamento. La condizione però, per questioni di sostenibilità, sarebbe quella di prevedere il ricalcolo contributivo dell’assegno anche per chi avrebbe diritto al calcolo misto più vantaggioso.