Nati 1959 in pensione pure senza quota 100, lo dice l’Inps

Anche se ormai sembra chiaro che si passerà a quota 102, per i nati nel 1959 resta viva l’ipotesi pensione in due quote

Se c’è una generazione che rischia di restare al palo sulle pensioni, colpita dalla chiusura di quota 100, sono i nati nel 1959. Sono coloro i quali non hanno completato i 38 anni di contributi versati, non centrando il secondo requisito previsto dopo i 62 anni. Un po’ la medesima situazione di chi è nato nel 1960, escluso da quota 100 per via della data di nascita. Ma le speranze di non dover aspettare ancora i 67 anni per la pensione, anche per loro non sono del tutto tramontate.

Pensioni per i nati nel 1959 e 1960, la situazione non è rosea

La fine di quota 100 il 31 dicembre prossimo per chi è nato nel 1959 e nel 1960 è una sciagura. E la quota 102 per loro non cambia nulla.
Sono la generazione di chi non avrà altra soluzione che arrivare a 67 anni per la pensione (salvo casi limite e misure diverse da quelle canoniche, le cosiddette deroghe).

Infatti per chi nel 2022 compirà i 62 o 63 anni su età, la quota 102 con i suoi 64 anni resta fuori portata. E lo sarà anche l’anno successivo se davvero il programma è quello di passare nel 2023 a quota 103 con 65 anni e poi ancora a quota 104 con 66 anni.

La pensione a 63 anni solo contributiva

La speranza è che da qui alla presentazione della legge di Bilancio si possa arrivare a inserire anche la variabile proposta dal Presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Si potrebbe arrivare ad una specie di Ape contributiva. Una misura che nel 2022 consentirebbe il pensionamento dai 63 anni di età, ma ricevendo un assegno calcolato in via provvisoria.

Un assegno calcolato con il sistema contributivo fino a 67 anni, quando più il ricalcolo includerà il calcolo retributivo. La portata di questa misura sarebbe più grande se si pensa che anche la parte contributiva risulta particolarmente favorevole visto che si parla di un tetto minimo di 20 anni di contributi versati.

Altre vie di uscita per gli esclusi da quota 100

Come dicevamo prima, poche le soluzioni per chi per poco non ha centrato la quota 100 sia come età che come contributi. Oltre alla pensione a 67 anni, che sarebbe la pensione di vecchiaia ordinaria, resterebbe la pensione a 64 anni con l’anticipata contributiva. Ma riguarda solo i contributivi puri e solo chi riesce a raggiungere un assegno pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale.

Resterebbe l’Ape sociale, a 63 anni, ma a condizione che si svolgano determinate tipologie di attività (ad oggi solo 15, ma dovrebbero essere estese) gravose, che ci sia una invalidità del 74% almeno, che si presti assistenza ad un parente disabile da tempo o che si viva da almeno 3 mesi senza la Naspi.