Malattia della badante: chi paga il datore di lavoro o l’Inps?

Anche le badanti hanno diritto alla malattia ed alla conservazione del posto di lavoro

Un collaboratore domestico, che sia una badante piuttosto che una colf, viene considerata in malattia nello stesso modo con cui vengono considerati tutti i lavoratori dipendenti degli altri settori lavorativi. In pratica il lavoratore è in malattia quando ha una temporanea impossibilità a lavorare a causa di una patologia. Nel lavoro domestico il datore di lavoro spesso è la stessa famiglia per cui si lavora o lo stesso individuo, invalido o anziano, a cui si presta assistenza (nel caso delle badanti). Chi paga la malattia del lavoratore nel settore domestico dove il datore di lavoro non ha le funzioni classiche del sostituto di imposta? Una domanda a cui cerchiamo di dare risposta in base alla normativa vigente ed al Contratto Collettivo in vigore oggi, nonostante sia scaduto nel 2016.

Cosa deve fare il lavoratore ammalato?

Deve essere il proprio medico a certificare lo stato di malattia del lavoratore. Quest’ultimo ha l’obbligo di comunicare in maniera tempestiva al datore di lavoro l’assenza dalla postazione di lavoro per la sopraggiunta patologia. Il lavoratore è tenuto ad avvisare il datore di lavoro entro l’ora di inizio della prima giornata di lavoro di assenza, anche se il certificato medico rilasciato dal dottore può essere recapitato al datore di lavoro entro le due giornate successive al suo rilascio.

Chi eroga l’indennità?

L’Inps che di norma è l’ente preposto al pagamento dell’indennità di malattia ai lavoratori dipendenti, non copre i lavoratori domestici. In pratica nel settore lavorativo di badanti, colf, baby sitter e maggiordomi, la retribuzione del lavoratore durante le giornate di assenza per malattia è sempre a carico del datore di lavoro. I primi 3 giorni di malattia sono indennizzati dal 50% dello stipendio giornaliero spettante al lavoratore. Le giornate successive alla terza, se si protrae l’assenza per malattia, sono indennizzate al 100% del salario giornaliero del lavoratore. Il datore di lavoro è obbligato ad erogare la malattia al lavoratore per un numero di giornate differenti in base all’anzianità di servizio del lavoratore. In pratica, se il dipendente è in servizio da meno di 6 mesi, il datore di lavoro potrà coprire la malattia solo fino all’ottavo giorno. Per lavoratori con anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro sopra 6 mesi e fino a 2 anni, le giornate di malattia indennizzabili sono 10 e salgono a 15 per i dipendenti con anzianità superiore ai 2 anni. Questi numeri sono relativi al numero massimo di giornate di malattia indennizzabili al lavoratore in un anno solare, cioè da gennaio a dicembre.

La conservazione del posto di lavoro

Sempre in base all’anzianità, il lavoratore in malattia ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro. Il dipendente assente per malattia non può essere licenziato per 10 giorni se ha una anzianità di servizio fino a 6 mesi con il medesimo datore di lavoro. Si sale a 45 giorni per dipendenti anziani tra 6 e 24 mesi e 180 giorni per chi è in servizio da più di due anni. La malattia è pagata in base allo stipendio percepito. Se il salario del lavoratore è mensile, occorre dividere lo stipendio per 30 e moltiplicare il tutto per le giornate di malattia (le prime 3 al 50%).