Covid, quale scenario futuro? Omicron, il rischio varianti e la strategia per gestirlo

In un’intervista rilasciata a Repubblica il professor Guido Silvestri ha spiegato in che modo si dovrà monitorare la situazione

Fine della pandemia, endemizzazione del Covid e ritorno alla normalità. Sono termini con cui si vorrebbe acquisire familiarità, tenuto conto che sono più o meno sinonimi della possibilità che si torni alla quotidianità che manca da un paio di anni.

Omicron, secondo alcuni, potrebbe essere la variante che, in un certo senso, rappresenta un passaggio intermedio verso un futuro migliore, ma ci sono degli aspetti che bisogna tenere presente in funzione di ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi.

Variante Omicron e il rischio di una nuova variante, il punto di vista di Silvestri

In un’intervista rilasciata a Repubblica del 19 gennaio a fare un interessante quadro degli scenari futuri è stato il professor Guido Silvestri, immunologo e docente in Usa alla Emory University di Atlanta.

Lo scienziato ha confermato che l’irruzione della scena di Omicron sia corrisposta all’arrivo di una variante «bravissima» a colpire l’apparato respiratorio, ma «zoppa» nello sferrare l’offensiva al polmone. Un particolare significativo che, combinata all’efficacia delle vaccinazioni, sta evidentemente contenendo i problemi determinati dal Covid e dalla sua più elevata contagiosità con il nuovo ceppo.

Autorevoli scienziati, tra cui l’immunologo e consulente della casa Bianca, Anthony Fauci hanno lasciato intendere come con queste premesse il Covid per i vaccinati stia diventando come un raffreddore. In paesi dall’elevato tasso di vaccinazione questo rende il virus più gestibile, tenuto conto che l’alto numero di positivi corrisponde, con la copertura vaccinale, ad una bassa incidenza di patologie gravi.

Per il futuro non si può abbassare la guardia. Rispetto ad un orizzonte in cui il Covid possa essere paragonato ad un’influenza Silvestri ha chiarito: «Spero proprio di sì. Però dobbiamo monitorare e fare sorveglianza epidemiologica. Lungi da me la volontà di essere allarmista, ma il rischio più grosso è che scappi fuori una variante che mantenga l’aggressività infettiva di Omicron, ma riacquisti anche la capacità di danneggiare il polmone di Delta. Spero non succeda mai, però dobbiamo essere preparati. E il modo migliore è insistere con i vaccini».

Covid, Silvestri: «Con il 100% di vaccinati non sarebbe già più problema grave»

In sostanza è che l’atteso miglioramento della situazione, dipendente anche dalle caratteristiche di Omicron, possa portare a ciò che Silvestri ha definito «fesseria», con riferimento al «pensare che il Covid sia andato via». Lo scenario peggiore è che, infatti, a ottobre o novembre possa «arrivare - ha detto lo scienziato - una variante più brutta, magari dalla Thailandia, Madagascar o Argentina».

Non si tratterebbe di una novità, tenuto conto che fino ad ora la diversificazione del virus con le sue varianti è stato un dato di fatto per il Covid. Un percorso che ha portato fino ad Omicron a cui si ha la possibilità di contrapporre uno scudo significativo rappresentato dalle vaccinazioni.

Vaccinare, dunque, il mondo e non solo è la soluzione per essere pronti ai rischi. «E vaccinare i bambini - ha spiegato Silvestri - perché i gruppi scoperti sono i No Vax e i ragazzini. Invece, per come siamo adesso a livello di conoscenza scientifica, anche con l’arrivo degli antivirali, di tutto dovremmo parlare, tranne che di nuove chiusure. Abbiamo la capacità di gestire il virus, e se avessimo il cento per cento di vaccinati il Covid già non sarebbe più un problema grave».

Covid, la possibile strategia per il futuro

Il futuro che emerge dalla parole di Silvestri è che il Covid potrà diventare un fenomeno sempre più gestibile, seppur potrebbe essere necessario mettere in atto strategie di sorveglianze. «Uno scenario possibile - ha dichiarato - è che ogni anno, verso giugno o luglio, si fa un inventario, dove circola il virus, quali sono le varianti. Si fanno rapidamente i vaccini Rna del caso con una produzione di massa, e poi a ottobre e novembre la campagna per le inoculazioni, così si passa l’inverno col massimo degli anticorpi. Si è protetti fino ad aprile o maggio, e poi arriva l’estate che è più tranquilla. È un modello che già esiste, non si capisce perché dovrebbe scatenare tutte queste reazioni».