Badanti: Come devono essere dimissioni e licenziamento per essere legali

Come evitare strascichi legali alla fine di un rapporto di lavoro nel settore domestico

Indennizzi, preavvisi e norme rigide in materia licenziamento di un lavoratore sono previste anche nel lavoro domestico. Licenziare una badante o in generale, interrompere un rapporto di lavoro tra famiglia (o assistito) e lavoratore domestico non è una operazione semplice. Se invece si guarda dal lato del lavoratore, altrettanto complicato è dare le dimissioni.
Voglio licenziare la badante, come fare? Una domanda a cui adesso vediamo di dare risposta facendo lo stesso per "voglio dimettermi come faccio?".
Statisticamente, il settore presenta una alta percentuale di rapporti di lavoro che finiscono nelle aule dei tribunali o di fronte a camere sindacali per le conciliazioni. Il problema è fisiologico, insito nella natura del lavoro in ambito domestico. Il datore di lavoro infatti è la famiglia stessa a cui si presta servizio e addirittura, nel caso della badante, il datore di lavoro è lo stesso anziano o disabile bisognoso di assistenza. La collocazione fisica dell’attività, svolta nella casa stessa della famiglia o dell’anziano, dove tra l’altro spesso il lavoratore assume anche dimora abituale se non addirittura residenza, fa si che sia difficilmente quantificabile l’orario di lavoro svolto dal lavoratore. Soprattutto per le badanti, il lavoro, anche se come orari e come riposi è ampiamente regolamentato dal contratto collettivo, resta di difficile quantificazione. Quante ore di lavoro straordinario o notturno è chiamata a fare la badante? Impossibile dare una risposta perché dipende dalle esigenze dell’assistito che sono fattori ignoti ogni giorno perché dipendono dalla salute del soggetto.

Le tipologie di licenziamento

Terminare nel miglior modo possibile il rapporto di lavoro non ha altra soluzione che seguire attentamente la legge. Già per quanto detto in premessa, quando parlavamo di circoscrivere le ore di lavoro che è costretta ad espletare nelle 24 ore una badante, il rapporto di lavoro può essere oggetto di contenziosi una volta terminato. Figuriamoci se le operazioni di licenziamento non vengono fatte a norma di legge. Ricapitolando, come per tutti i rapporti di lavoro subordinati, anche per il licenziamento di colf e badanti sono previste norme specifiche. Si parte naturalmente dalla motivazione del licenziamento di una badante o colf. Nel lavoro domestico esistono due fattispecie di licenziamento possibili. Si tratta del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo oggettivo o soggettivo.

La giusta causa

Il licenziamento per giusta causa è un istituto che si applica alla generalità dei rapporti di lavoro a prescindere dal settore. È il licenziamento causato dal lavoratore con i suoi comportamenti. Infatti si parla di giusta causa quando il lavoratore si macchia di gravi comportamenti, come possono essere atti violenti anche verbali, furti e danni. Si tratta in pratica di tutti quei comportamenti intollerabili per il datore di lavoro che pregiudicano la continuità del rapporto di lavoro e rendono impossibile andare avanti. In questi casi si può licenziare il lavoratore senza preavviso e come si dice comunemente, in tronco. Naturalmente per essere preso per buono il licenziamento per giusta causa deve essere dipeso da comportamenti impropri del lavoratore ma conclamati, cioè provati. L’onere della prova è in capo al datore di lavoro.

Licenziamento per giustificato motivo

Non è giusta causa di licenziamento non adempiere agli obblighi contrattuali. In pratica, inadempienza al lavoro, scarso rendimento e così via, non sono tipiche situazioni che consentono al datore di lavoro di mandare a casa un lavoratore utilizzando la giusta causa. In questo caso si parla di giustificato motivo soggettivo e questa forma di licenziamento prevede l’osservanza di regole ben precise come quelle sul preavviso. Lo stesso accade per l’altro licenziamento per giustificato motivo, stavolta oggettivo. È la tipica situazione di licenziamento che scaturisce da motivi sopraggiunti in capo al datore di lavoro e non al lavoratore. Si può licenziare un lavoratore per esempio, se non lo si può più pagare per sopraggiunte difficoltà economiche del datore di lavoro.

Preavviso e indennità

Per licenziare il lavoratore occorre concedergli un preavviso (a meno che non sia licenziamento per giusta causa come detto in precedenza). I termini di preavviso sono stabiliti dal CCNL di categoria e sono obbligatori per il datore di lavoro che se inadempiente dovrà risarcire il lavoratore per quella che viene chiamata indennità di mancato preavviso. Si tratta di regole comuni a tutti i settori lavorativi anche se le entità del preavviso variano da CCNL a CCNL. Nel lavoro domestico i tempi di preavviso sono basati sulla anzianità lavorativa del dipendente, cioè sugli anni di servizio presso il datore di lavoro che adesso vuole licenziarlo. Inoltre, fattore determinante per calcolare il giusto preavviso da dare al lavoratore sono le ore di lavoro per cui è stato assunto. Per chi ha assunzioni sulla base di massimo 25 ore di lavoro a settimana:
• Anzianità di servizio sotto i 5 anni: 8 giorni di preavviso;
• Anzianità di servizio sopra i 5 anni: 15 giorni di preavviso.
Per chi invece ha contratti di lavoro che prevedono attività sopra le 25 ore a settimana:
• Anzianità di servizio sotto i 5 anni: 15 giorni di preavviso;
• Anzianità di servizio sopra i 5 anni: 30 giorni di preavviso.

Altre regole importanti

Durante il periodo di preavviso sia il datore di lavoro che il lavoratore dovranno proseguire con diritti e doveri come stabilito dal contratto. Non rispettare gli obblighi di preavviso portano conseguenze per il datore di lavoro e questi effetti cambiano in base alla tipologia di contratto e cioè se a termine o a tempo indeterminato. Per un rapporto di lavoro a tempo determinato le conseguenze del mancato preavviso sono piuttosto pesanti. Infatti l’indennità economica da erogare al lavoratore a cui non è stato concesso il preavviso di licenziamento è pari a tutte le retribuzioni che il lavoratore avrebbe dovuto percepire se il rapporto di lavoro fosse arrivato alla sua data di naturale scadenza. Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato invece al lavoratore spetterebbe la retribuzione giornaliera normale per ogni giorno di preavviso spettante e non concesso.

E se è la badante che vuole dimettersi?

Fin qui abbiamo analizzato i casi del datore di lavoro che ha necessità o volontà di porre fine al rapporto di lavoro. Anche se è il lavoratore a voler interrompere il rapporto di lavoro le regole esistono e vanno rispettate, a partire dal preavviso che in questo caso deve essere dato dalla badante piuttosto che dalla colf. Per rapporti di lavoro sotto le 25 ore a settimana:
• Fino a due anni di anzianità di servizio: 8 giorni di preavviso;
• Oltre due anni di servizio: 15 giorni di preavviso.
Per rapporti di lavoro oltre le 25 ore a settimana:

• Fino a 5 anni di anzianità di servizio: 8 giorni di preavviso;
• Oltre 5 anni di servizio: 15 giorni di preavviso.

Anche le dimissioni come il licenziamento possono essere date per giusta causa. Oltre a comportamenti vessatori e pesanti a tal punto da pregiudicare il proseguo del rapporto, una fattispecie di causa molto diffusa di dimissioni per giusta causa è il mancato pagamento dello stipendio. In questo caso non è necessario dare preavviso e si può lasciare il posto di lavoro immediatamente senza incorrere in sanzioni. Anzi, a dire il vero se i motivi che hanno dato luogo alle dimissioni per giusta causa sono provati e confermati, al lavoratore spetta l’indennità di preavviso come se fosse stato il datore di lavoro ad averlo licenziato. Le dimissioni vanno ratificate e confermate o presso la Direzione Territoriale del Lavoro, o presso l’Ufficio di Collocamento o presso l’Inps. Questo è un obbligo della lavoratrice o del lavoratore e nel caso in cui non si provveda, il datore di lavoro è tenuto a chiedere con raccomandata con ricevuta di ritorno al dipendente di provvedervi. A raccomandata ricevuta il lavoratore avrà sette giorni di tempo per andare in uno dei tre enti prima citati a ratificare le dimissioni.