Badante in nero, come recuperare stipendio, contributi e tutti i diritti

La badante in nero può riuscire a recuperare tutti i diritti negati dalla mancata assunzione.

Avere un lavoratore domestico come badante o colf e non regolarizzarlo è una situazione che mette a serio rischio il datore di lavoro. Per carità, niente di penale, perché non siamo di fronte ad un reato. Ma dal punto di vista economico, delle sanzioni, il rischio è elevatissimo. Ciò significa che avere alle proprie dipendenze un lavoratore e non assumerlo, non elude tutti i diritti di un lavoratore. Infatti, alla badante e alla colf, se questi avviano azione, potrebbero essere dovuti, tutti i diritti negati dalla mancata assunzione.

Badante può chiedere pagamento di stipendi, buonuscita e i contributi

Non è una rarità che una badante in nero alla fine del rapporto di lavoro, chieda soldi a titolo di Tfr, contributi, straordinari, differenze retributive e a volte pure lo stipendio intero, pure se pagato.

In genere la badante può produrre richiesta bonaria, ma correlata dalla minaccia di una denuncia nei confronti del datore di lavoro per l’irregolarità mai sanata. Capita spesso che quando un rapporto di lavoro non viene regolarizzato, non si conserva traccia dei pagamenti effettuati. L’attività lavorativa, pur non regolarizzata, è ugualmente valida ed efficace e va retribuita secondo le regole fissate dal CCNL di categoria.

Dopo l’avviso bonario da parte del lavoratore, quest’ultimo può adire le normali vie legali, tramite avvocato. A quel punto si passa alle azioni vere e proprie, col tentativo di conciliazione in sede sindacale o presso l’ufficio territoriale del lavoro. Infine il tribunale del lavoro può essere la sede definitiva dove risolvere la controversia.

Cosa accade quando la badante chiede i suoi diritti

In base alla giurisprudenza, chi muove accuse, avviando una causa deve dimostrare il proprio diritto. Quando la badante in nero avvia una vertenza contro il proprio datore di lavoro per chiedergli tutti i diritti negati per via della mancata regolarizzazione contrattuale, è la stessa lavoratrice che deve provare l’esistenza del rapporto di lavoro. Vanno bene tutte le tipologie di prova, dalle testimonianze ai filmati fatti con il cellulare.

Una volta confermato dalle prove, che il lavoratore prestava davvero servizio, anche se in nero, spetta al datore di lavoro dimostrare di aver pagato il lavoratore per ogni singola richiesta che quest’ultimo produce. Evidente cosa può accadere nel momento in cui si verifica il fatto che un lavoratore viene pagato in contanti, senza una prova dell’avvenuto pagamento. In questi caso, anche se è una falsità, la badante può chiedere addirittura tutti gli stipendi, asserendo di non aver ricevuto mai nulla.

Al datore di lavoro spetta difendersi, dimostrando di aver pagato la badante secondo quanto previsto dalla legge. E se il pagamento è avvenuto con consegna dei contanti, senza il rilascio di una ricevuta, il datore non avrà possibilità di contrastare le richieste di controparte e probabilmente verrà condannato a pagare nuovamente il lavoratore.

Ma non finisce qui, perché in questo caso al datore di lavoro spetterà pure il pagamento di tutte le altre somme stabilite dal CCNL del lavoro domestico. Anche se il datore di lavoro può dimostrare il pagamento, pure se in nero la badante ha diritto ad essere retribuita secondo i minimi tabellari del CCNL. In questi caso la badante può chiedere, la differenza tra la retribuzione versata e dimostrabile e quella invece prevista dal CCNL. E poi si parte con tutte le altre eventuali richieste, cioè lavori straordinario, i permessi non goduti, la malattia, le festività retribuite, tutti i contributi previdenziali e il Tfr.