C’era una volta il ceto medio italiano: ecco perché sta scomparendo

Il ceto medio italiano sta scomparendo e sempre più italiani non si sentono più parte di una classe sociale che oggi appare più vacillante che mai.

Il ceto medio italiano sta scomparendo. A dirlo sono gli italiani stessi, i lavoratori italiani la cui percezione di appartenenza si fa sempre più vacillante.
Negli ultimi anni infatti la percezione delle famiglie di appartenere al ceto medio italiano ha subito un picco, un vero e proprio crollo del 20-30%.

Il ceto medio è più fragile, socialmente ed economicamente, e a provarlo è l’inquietante dato di fatto che esso stia scomparendo poco a poco. 


Se prima infatti il ceto medio era quella sfumatura tra la ricchezza e la povertà, il livello intermedio al quale sentivano di appartenere i lavoratori che riuscivano comunque a vivere dignitosamente riuscendo a far fronte alle spese, riuscendo anche a risparmiare, oggi cosa ne resta?

Quando si legge che il ceto medio italiano sta scomparendo si intende dire che sempre più persone precipitano verso la povertà, vedendo notevolmente ridotto il loro margine di risparmio e il loro potere d’acquisto.

Il declino della classe media procede di pari passo con la globalizzazione dei mercati del lavoro e delle economie, ma soprattutto con l’aumento delle disuguaglianze economiche. 


È cosa nota che la ricchezza, tanto in Italia quanto nel mondo, sia concentrata principalmente nelle mani e nelle tasche di pochi. Questo processo, coniugato alla crisi che ha investito l’Europa e l’Italia nel 2008, ha ridotto l’incidenza delle famiglie di ceto medio.

Aumenta la povertà: i lavoratori non si identificano più con il ceto medio

Aumentano però le persone povere, i disoccupati, i salari troppo bassi per potersi sentire parte del ceto medio. Il sentimento di sfiducia che spopola tra i lavoratori fa sì che questi stessi si identifichino più con chi fatica ad arrivare a fine mese.

Ma chi è che, fino a qualche anno fa, andava a riempire le fila del così detto ‘ceto medio’? In Italia venivano considerati tali tutti i lavoratori che guadagnavano tra il 75% e il 25% del reddito medio nazionale.

Dunque non sarebbe errato dire che ne facevano parte tutti quei micro imprenditori a capo di aziende con un numero modesto di impiegati, quelli che si era soliti chiamare anche ‘piccoli risparmiatori’.

Gli effetti della crisi, uniti alla disuguaglianza socio-economica che spacca a metà i ceti medi e crea un vero vuoto tra ricchi e poveri, e alla percezione di appartenenza ad una classe che di fatto non esiste più sono un sintomo preoccupante.

Sintomo del fatto che la popolazione si sta impoverendo, quella popolazione che se avesse mantenuto il suo status e il suo potere d’acquisto forse avrebbe potuto qualcosa contro il rallentamento della crescita e la qualità dello sviluppo in Italia.

Popolazione che, invece, è stata la vittima principale non una, ma due volte: la prima volta come popolo di piccoli imprenditori, la seconda come piccoli risparmiatori. E senza queste due colonne portanti dell’economia italiana, la ripresa dovrà sondare nuovi territori inesplorati.