Cognome materno o paterno ai figli? Svolta storica con la sentenza della Corte Costituzionale
Il Codice Civile italiano prevede l’allontanamento giudiziario del minore dalla famiglia in caso di decadenza della responsabilità genitoriale (caso gravissimo disciplinato dall’art. 330) e in casi meno gravi e più frequenti di condotta genitoriale pregiudizievole ai figli (art. 333).
Ci si augura sempre di non essere oggetto di queste disposizioni di legge, sebbene talvolta possa capitare.
L’80% dei casi di allontanamento è infatti imputabile all’“inidoneità genitoriale“ (spesso riconducibile a sottostanti motivazioni di natura economica o abitativa): questa motivazione ha aperto le porte a innumerevoli abusi.
Vediamo allora cosa prevede l’allontanamento del minore e quali sono i modi di tutelarsi dagli abusi del servizio sociale.
Allontanamento giudiziario minore: come funziona?
La disposizione di allontanamento di un minore dal suo nucleo familiare viene fatto a seguito di una valutazione psicologica fatta da psichiatri, psicologi e assistenti sociali, che portano il Tribunale dei minori a prendere misure drastiche e spesso drammatiche.
Quando all’allontanamento del minore non si accompagna l’inserimento in una nuova famiglia, si provvede allora a inserirlo all’interno di una casa famiglia o una comunità.
Allontanamento minore, la comunità: a cosa serve?
L’osservazione del minore, condotta 24/7, che viene inserito nella comunità rappresenta infatti uno strumento insostituibile di conoscenza e inquadramento dei bisogni e delle caratteristiche del minore.
Questo permette agli operatori di comprendere quale sia il migliore abbinamento possibile del minore con una famiglia affidataria/adottiva, inoltre, spesso, apre la strada all’indagine delle esperienze di vita del bambino/ragazzo, necessaria per la migliore valutazione e il più opportuno inquadramento, da parte dei servizi socio-sanitari e dell’Autorità Giudiziaria, della pregressa realtà familiare esperita dal soggetto.
Il minore all’interno della comunità ripropone i propri modelli esistenziali e relazionali acquisiti dalla famiglia d’appartenenza, mette in atto i propri schemi comportamentali disfunzionali, rappresenta, in ogni momento della giornata, la propria personale storia, e la stessa viene costantemente monitorata da operatori specificatamente preparati.
L’idea di fondo rispetto alla possibilità di un tale operare è che, nella stragrande maggioranza dei casi, il minore è allontanato dal suo contesto familiare a seguito di gravi/gravissime inadempienze, a causa dell’espressione familiare di schemi di condotta fortemente disfunzionali (ad esempio caratterizzati dalla violenza verbale e/o fisica, dall’incuria, eccetera), essendo gli stessi schemi inevitabilmente trasmessi dai genitori ai figli (in quanto gli unici o per lo meno i prioritari schemi di riferimento).
Tali schemi non possono essere corretti attraverso l’applicazione di semplici pratiche educative comportamentali (ad esempio basate sul modello: rinforzo/punizione), ma necessitano inevitabilmente di un lavoro più ampio e approfondito di lettura dei bisogni e contestuale accompagnamento psico-educativo, nel più continuativo raccordo tra i diversi enti coinvolti.
Tuttavia, come già detto, sebbene la normativa voglia in teoria agire per il meglio, non sono rari i casi di abuso e di vere e proprie ingiustizie e allontanamenti incongrui con la reale situazione familiare: ecco allora di seguito qualche consiglio per evitare che il peggio possa accadere.
Allontanamento giudiziario minore: come proteggersi?
Il primo consiglio da dare è quello di attivarsi immediatamente non appena un disposizione di allontanamento giudiziario viene predisposta.
Questo passo è importantissimo, meglio spendere 1.000 euro subito per un legale o per un professionista che 10.000 euro dopo per riportare a casa il minore allontanato e affidato a una comunità (senza pensare ai danni insanabili causati al minore dall’allontanamento coatto).
Va poi fatto notare che spesso la famiglia non conosce neppure il motivo per cui i figli sono stati allontanati. I servizi sociali dovrebbero avere una cartella sociale a cui potete accedere. Lo stesso vale per la cartella processuale e per le eventuali cartelle cliniche.
Non serve l’avvocato, andate direttamente negli uffici preposti e fate una richiesta scritta.
Certamente non sarà piacevole leggere le accuse (a volte persino falsità e pettegolezzi) e le valutazioni psichiatriche e psicologiche (spesso soggettive e a volte dense di pregiudizi) che sono state scritte su di voi, ma come potete difendervi se non sapete di cosa siete accusati esattamente?
Studiatevi, poi, le leggi e regolamenti fondamentali in materia:
- legge 149/2001 articoli da 1 a 5, articoli 29 e 30 della Costituzione Italiana, articoli del Codice Civile dal 315 in poi, in particolare l’articolo 330.
- convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989.
- codici deontologici di assistenti sociali, psicologi, medici, avvocati (forense).
- linee guida locali sull’affidamento minorile.
Infine alcune indicazioni finali:
- procuratevi un registratore per gli incontri con servizi e operatori, soprattutto quelli più importanti, per ricordarsi quello che è stato concordato a voce (registrare le conversazioni non è illegale);
- se possibile fatevi aiutare sempre da un’associazione perché una protesta fatta male o con argomenti o messaggi errati potrebbe essere controproducente;
- denunciate formalmente le violazioni dei diritti umani, della legge e dei regolamenti e protocolli e gli eventuali conflitti di interesse.