Perché gli stipendi degli italiani sono così bassi?

I salari degli italiani sono tra i più bassi dell’eurozona e all’orizzonte non sembrano esserci aumenti. Ecco per quale ragione il lavoro viene pagato così poco nel nostro paese.

Quando si confronta lo stipendio di un italiano con quello di un tedesco o di un francese viene da chiedersi: perché il mio stipendio è così basso? Difatti per la stessa mansione si guadagnano cifre ben più basse nel nostro paese in confronto alle altre nazioni.
Questo dato dipende principalmente da un fattore: le tasse sul lavoro.

La pressione fiscale sul mercato del lavoro è infatti altissima e proprio per questa ragione gli stipendi rimangono tra i più bassi in Europa. Nel periodo della crisi inoltre le tasse sono cresciute, mentre la produzione in molti settori è rimasta quella del periodo precedente alla crisi.

Le retribuzioni lorde ad esempio, dal 2000 al 2014, sono cresciute del 6,5% rispetto all’inflazione, ma ciò non ha portato risultati agli italiani, che continuano a percepire ancora uno stipendio basso.
Di seguito approfondiamo la questione e vediamo quali sono le voci che pesano di più sullo nostra busta paga.

Lavoratori italiani e stipendio basso: ecco perché

In un report di Confindustria, di ormai qualche anno fa, si leggono dei dati che dovrebbero far pensare la classe politica italiana. Le parole del report sono le seguenti:

Nel 2014 il costo annuo sostenuto dal datore di lavoro per un dipendente italiano con retribuzione media era pari a 40.150 euro, di cui 29.328 di retribuzione lorda e 10.822 tra contributi Inps e Inail, accantonamenti Tfr e costo di eventuale welfare aziendale. Il lavoratore, invece, ha percepito in busta paga 20.057 euro, al netto di 6.487 euro di imposta sul reddito (comprensiva delle addizionali regionali e locali) e di 2.783 euro di contributi versati all’Inps. Insomma, il costo del lavoro è il doppio della retribuzione netta

Proprio questo dato influisce pesantemente sul mercato del lavoro e comporta la mancanza di assunzioni che si verifica ormai da anni. Prendere un nuovo impiegato in organico significa infatti avere una spesa non indifferente, che difficilmente si riuscirà ad ammortizzare.

Motivo per cui le aziende preferiscono avere collaboratori con P.IVA, contratti a tempo determinato o semplici collaborazioni a progetto. In questo modo infatti riescono ad abbattere il costo e a non dover spendere così tanti soldi.

Proprio per questa pesante fiscalità l’Italia rimane indietro, l’economia ristagna e le aziende difficilmente hanno molti dipendenti.
Non solo questo però porta ai bassi stipendi che si percepiscono in Italia, ma anche un altro fattore: il lavoro saltuario e i contratti a tempo determinato.

Ovviamente i contratti di tipo temporaneo non permettono di avere aumenti di stipendio o di progredire con la propria carriera. Questo ovviamente porta ad avere un ulteriore ristagno, che non aiuta di certo ad avere un aumento di salario.
Una situazione che peggiora ancora se si prendono in esame i voucher.

I voucher infatti non sono altro che una forma di pagamento ideata per contrastare il lavoro in nero. Lo strumento non si può dire che abbia funzionato nel modo migliore e da più imprenditori sono stati utilizzati in modo errato.
La retribuzione in questo caso è fissa e anche piuttosto esigua.

Le manovre che sono state impostate fino a questo momento hanno sempre cercato di dare dei semplici sgravi parziali, ma non è mai stato ideato nulla di strutturale per diminuire stabilmente la tassazione sul lavoro.
Tutti i governi che si sono succeduti hanno sempre solo strutturato delle riforme che applicassero dei palliativi temporanei, senza pensare al momento in cui sarebbero scaduti.

Gli ultimi dati dell’Istat sulla disoccupazione fanno capire come il mercato si trovi in una fase di immobilismo.
Questo non aiuterà di certo ad avere un aumento dei salari, che resteranno tra i più bassi di tutta la zona occidentale dell’UE per molto altro tempo.

Cosa manca all’Italia per ripartire?

A questo punto ci sorge spontanea una domanda: cosa manca al Belpaese? Le risposte sono tante e soprattutto differenti, in base al punto di vista da cui si guarda il problema.
Senza dubbio però un peso importante ha il modo in cui è strutturata l’università e la mancanza di un legame con il mondo del lavoro.

Una volta conclusi gli studi infatti si ha solo la preparazione teorica, ma si manca totalmente di una forma di tirocinio o di esperienza nel mondo del lavoro. Una grave mancanza da parte dei sistemi di istruzione che il governo dovrebbe cercare di risolvere, così da dare maggiore risalto alla preparazione degli studenti.

Invece una volta usciti dall’università i ragazzi italiani sono costretti ad accontentarsi di uno stage con rimborso spese o di un tirocinio con garanzia giovani. In entrambi i casi la loro preparazione non è presa in esame per avere una retribuzione idonea.

All’Italia non mancherebbe nulla per ripartire, se non una serie di riforme strutturali che nessuno ha in programma, evitando in questo modo di ricadere come sempre nei semplici palliativi.