Pensioni, ecco i conti: quanto si perde uscendo a 62 anni rispetto ai 67

Quota 100 a 62 anni, ma adesso anche il contratto di espansione fa uscire alla stessa età e qualcuno vorrebbe la flessibilità sempre a 62 anni. Ma quanto costa uscire 5 anni prima?

Nel mondo delle pensioni, i 62 anni di età sono diventati, ultimamente, un limite che entra nei discorsi di tutti in maniera simile se non maggiore dei 67 anni di età che resta l’età pensionabile oggi vigente.

I 62 anni di età hanno assunto una rilevanza notevole perché è quota 100 ad averlo introdotto nel nostro sistema. Infatti con quota 100 si può lasciare il lavoro a 62 anni di età con il contestuale completamento di 38 anni di carriera coperta da contribuzione.

Ma la quota 100 nel 2022 non ci sarà più e si corre il rischio di lasciare nel sistema uno scalone di 5 anni, che inizierebbe per esempio a colpire quelli che sono nati nel 1960 e che anche per qualche giorno, compiono i 62 anni fuori dal perimetro di applicazione della pensione da quotisti.

Ecco perché tra le varie ipotesi o proposte di riforma del sistema previdenziale c’è chi spinge per una flessibilità a 62 anni di età (i sindacati per esempio).

Ma 62 anni di età è pure la soglia individuata per il contratto di espansione, che man mano che viene ritoccato, si allontana sempre di più dalla sua origine che è quella di favorire le uscite sotto forma di esodo, dei lavoratori più anziani nelle aziende più grandi.

Infatti da aziende con almeno 1.000 dipendenti si è passati ad aziende con almeno 500 dipendenti e poi ad aziende con almeno 250 lavoratori a libro paga e ancora a quelle con almeno 100 di questi lavoratori subordinati.

E adesso si pensa ad estendere la possibilità a tutti senza limiti di imponenza del parco dipendenti dell’azienda. Ma quando si parla di pensione a 62 anni, pochi considerano che uscire 5 anni prima dal lavoro, che venga imposto o meno il ricalcolo contributivo della pensione, produce una perdita in termini di assegno pensionistico.

I calcoli sulla pensione a 62 anni, si perde davvero tanto

È stato il quotidiano “Il Corriere della Sera” in un articolo di analisi, a determinare l’importanza delle perdite in termini di assegno previdenziale che ricevono coloro che vanno in pensione a 62 anni di età, con quota 100 o con il contratto di espansione.

Perdite con cui dovrebbero fare i conti anche gli eventuali pensionandi con l’ipotetica pensione flessibile dai 62 anni di età con almeno 20 anni di contributi che i sindacati vorrebbero inserire nel panorama normativo.

Meglio una pensione bassa subito che alta in futuro?

Come dicevamo, tra le varie ipotesi sul tavolo restano l’estensione del meccanismo del contratto di espansione alle aziende più piccole e la flessibilità a 62 anni. Uscire a 62 anni di età significa smettere di lavorare 5 anni prima e smettere di versare contributi. E meno contributi significa pensione più leggera.

Uscire 5 anni prima significa anche vedersi trasformare i contributi in pensione con coefficienti meno favorevoli. E così ogni lavoratore si trova di fronte all’amletico dubbio: Meglio una pensione più alta ma lontana o più bassa e subito?

Il discorso è soggettivo, dipende dal lavoro svolto, dalla sua pesantezza, dalle condizioni reddituali di ciascuno ed anche dalla carriera, perché le perdite possono essere minime ma anche piuttosto elevate.

Una pensione anticipata per chi ha pochi anno di contributi, e la flessibilità dai 62 anni prevede, secondo la proposta (difficile da realizzare senza prevedere pure una penalizzazione di assegno dovuta alle regole di calcolo contributive che secondo qualcuno andrebbero imposte alla misura), solo 20 anni di carriera contributiva minima da detenere.

I calcoli dimostrano che non a tutti converrebbe uscire a 62 anni di età

Per esempio, come si legge sul Corriere della Sera, in un articolo che parla di calcoli effettuati da Progetica, «un lavoratore con un reddito di 1.600 euro netti e nato nel 1960 potrebbe anticipare la pensione al 2022, invece che attendere la maturazione del requisito di vecchiaia nel 2027. La pensione si ridurrebbe del 12%, passando da 1.308 a 1.149 euro netti».

In quel caso si fa riferimento al contratto di espansione così com’è oggi, ma 62 anni è pure l’età per la quota 100. Nel 2022 senza quota 100 fare un calcolo su una ipotetica pensione con 62 anni di età ad oggi riguarda esclusivamente il contratto di espansione, da poco esteso anche a lavoratori di aziende sopra i 100 dipendenti.

Sarebbe l’unica via di uscita per i nati nel 1960 ai quali verrebbe chiusa la porta di quota 100 per via del compimento del 62imo anno di età nel 2022 e non nel 2021.

L’ipotesi tra le tante è di estendere a tutti la facoltà di usufruire del contratto di espansione, una buona possibilità certo, ma vincolata a regole precise e particolari che tirano dentro anche le aziende, con cui occorre trovare un accordo su base sindacale e ministeriale e che dovrebbero sostenere alcuni costi per permettere il pensionamento dei lavoratori più anziani barattandole con nuovi programmi di assunzioni.