Pensione nel 2022: ecco perché quota 102 è meglio di quota 100

Via libera alla quota 102 che andrà a sostituire la quota 100. Ecco vantaggi e svantaggi in base alla data di nascita

La pensione nel 2022 avrà una grande novità rappresentata dalla quota 102. Il governo ha deciso di superare la fine di quota 100, inserendo nel sistema una nuova misura previdenziale, che come la precedente, prevede il contestuale raggiungimento di una determinata età e di una determinata carriera lavorativa.

La quota 100 va nel dimenticatoio quindi, ed entra questo nuovo strumento per quotisti. Si parte da un peggioramento delle soglie di uscita, ma non per tutti la misura sarà penalizzante.

Quota 100 e quota 102, le differenze

Dal punto di vista dei requisiti, quota 100 e quota 102 si somigliano molto. Per il requisito contributivo restano da centrare almeno 38 anni di versamenti. Per l’età invece, quota 100 prevedeva 62 anni almeno, mentre quota 102 ne prevede 64.

Per il resto tutto uguale, sia per il divieto di cumulare attività di lavoro con la pensione percepita (a meno che non si tratti di lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro annui) che per le finestre mobili di 3 mesi nel settore privato e di 6 mesi nel lavoro pubblico.

Pensioni, da quota 100 a quota 102, chi resta tagliato fuori

Partiamo dal peggioramento dei requisiti. Il passaggio dai 62 ai 64 anni come requisito minimo anagrafico, esclude i nati nel 1960 dal pensionamento anticipato per quotisti. Sono quei lavoratori che nel corso del 2022 compiranno i 62 anni di età previsti per la vecchia quota 100.

Età compiuta troppo in ritardo per rientrare nella quota 100. Infatti i 62 anni per avere diritto alla quota 100 anche con diritto cristallizzato, andavano completati entro la fine del 2021.

E 62 anni non bastano per la quota 102. Di fatto, una generazione quella dei nati nel 1960, penalizzata pesantemente da questo passaggio. Infatti a loro non basterà avere 38 anni di contributi.

Chi si avvantaggia con quota 102

Il fatto che sia peggiorata l’età anagrafica utile alla quota per la pensione in anticipo, resta un fardello. Ma ci sono anche dei risvolti positivi in tutto questo.

Basti pensare al fatto che un nato nel 1958, che non ha potuto centrare la quota 100 in tempo utile perché mancavano degli anni di contributi, riceve così un altro anno di tempo per arrivare alla fatidica soglia dei 38 anni. E come questi anche chi è nato nel 1957 per esempio.

Ma non va trascurato anche un altro fattore. La pensione viene calcolata con il sistema contributivo per la parte di contribuzione versata dopo il 1996 o dopo il 2011 per chi ha almeno 18 anni di versamenti antecedenti il primo gennaio 1996. E la pensione nel sistema contributivo si calcola passando l’ammontare dei contributi versati per dei coefficienti di trasformazione che sono tanto più penalizzanti quanto più giovani si esce dal lavoro.

A parità di carriera e di contribuzione infatti, chi è uscito nel 2021 con 38 anni di contributi con la quota 100, prenderà meno di chi uscirà nel 2022 con 38 anni di contributi ma con la quota 102. Infatti si percepisce di più a 64 anni invece che a 62 anni.