Mose, Venezia: la situazione ad oggi tra collaudi falliti e corruzione

Quasi venti anni sono trascorsi dalla prima prova tecnica di verifica del funzionamento del prototipo di dighe mobili, sistemato sul canale di Treporti in laguna, prototipo padre del Mose, e altrettanto tempo dalle dichiarazioni dell’allora vicepresidente del consiglio De Michelis: “Lasciatemelo dire: questa è una vittoria del partito del fare contro quello del non fare, del rimandare, del temporeggiare all’infinito”.

Prototipo studiato all’interno delle azioni da realizzare per gli interventi di salvaguardia della Laguna. Era una delle azioni conseguenti alla pioggia di miliardi che piovevano a seguito della approvazione della seconda legge speciale su Venezia. La legge autorizzava il Ministero dei Lavori pubblici a procedere “mediante concessione in forma unitaria e a TRATTATIVA PRIVATA, anche in DEROGA alle disposizioni vigenti”.

La prima legge speciale (1973) aveva generato il Progettone (Studio di fattibilità e progetto di massima per la difesa della laguna di Venezia dalle acque alte), la seconda (1984) il Comitatone (Presidente Consiglio e Regione Veneto, 6 comuni lagunari e 5 ministeri) e la terza (1992) il disinquinamento e risanamento ambientale della laguna attribuito alla Regione.

Il Mose è gestito nella progettazione e realizzazione dal Consorzio Venezia Nuova (Fiat Impresit, Iri Italstat, Mazzi, Lodigiani, Maltauro) e il “Consorzio Venezia Disinquinamento”. Il consorzio per il Mose ha come presidente Zanda, già portavoce di Cossiga e oggi capogruppo Pd alla Camera, mentre il secondo Consorzio sciolto successivamente aveva come presidente Mario Zamorani, arrestato più volte per la tangentopoli degli anni ‘90.

Il direttore del Consorzio che si occupa del Mose è l’ing Piergiorgio Baita, arrestato dalla Procura di Venezia nel filone veneziano di mani pulite. Oggi cosa è accaduto a questo Mose?

Da quattro mesi si collaudano le barriere messe sul fondo alla bocca di Lido Nord–Treporti e a Punta Sabbioni. Il risultato? La prima diga mobile, quella di Treporti, non si è sollevata mentre quella di Punta Sabbioni si è sollevata, ma all’atto della chiusura non è più ritornata sul fondo. Tra due anni si spera che tutte le 79 paratoie, che dovrebbero servire a proteggere Venezia dall’acqua alta, non si comportino come le due collaudate.

Il vero costo del Mose

L’aspetto che inquieta inoltre è rappresentato dall’indeterminatezza dei costi di gestione del Mose.

La vicenda Mose rappresenta il modello inefficiente, costoso e inaccettabile, per un paese civile. Un Mose che, a tutt’oggi, costa 6,2 miliardi di euro, più che raddoppiato rispetto ai 2,7 miliardi del 1998. Una rilevante incognita per il super tassato contribuente italiano riguarda il costo della manutenzione e gestione dell’opera. L’Ufficio di Piano del disciolto Magistrato alle Acque mette in dubbio la cifra fornita dal Consorzio Venezia Nuova pari a 15,6 milioni di euro all’anno.

Secondo il Magistrato alle Acque per fare una stima si fa riferimento alla barriera sul Tamigi a Londra e a quella in difesa del porto di Rotterdam. I costi di gestione variano tra i 36 milioni di euro annui per il parametro inglese e 520 milioni per il parametro olandese mentre per il Comune di Venezia ammontano a 93 milioni di euro.

Gli attuali Commissari che gestiscono il progetto dopo gli arresti del giugno 2014 dichiarano di non sapere a quanto ammonta il costo di gestione del Mose. Decine di milioni o centinaia? Le interferenze che si sono succedute nella procedura di approvazione del progetto Mose meritano un ricordo: dalle continue denunce inascoltate della Corte dei Conti, tra cui l’enorme compenso del Consorzio Venezia Nuova pari al 12% (oneri di concessione) del costo, che diventa 24% considerando le attività di progettazione e direzione lavori. Percentuale, questa, ritenuta legittima secondo la Corte dei Conti se non supera il 18% del costo.

Considerato che le gare di appalto comportano un ribasso del 30% sulla cifra di base e che il Consorzio per legge è autorizzato a non fare gare di appalto ne consegue che il contribuente italiano ha pagato il Mose finora 2,43 miliardi in più, a cui si aggiungono i costi indeterminati della gestione. Soldi attinti alla legge speciale su Venezia definita da Cantone “legge criminogena”.

Mose a Venezia: un sistema di corruzione tutto italiano

Le incredibili interferenze sul procedimento mostrano cosa è la classe dirigente di questo Paese e in che modo un cupo pessimismo permea le speranze di riscatto di moltissimi italiani. Gli unici oppositori a questa follia procedurale, simbolo di malaffare e corruzionem sono stati la Corte dei Conti, il Sindaco di Venezia Cacciari, l’allora ministro dell’ambiente Pegoraro Scanio, il ministro della Ricerca Mussi e il vicesindaco di Venezia Bettin.

Sul piano procedurale la valutazione di impatto ambientale del Mose fu negativa, ma come sempre i comitati d’affari si scatenarono contro questa valutazione classificandola come “ideologica” e “politica”.

Il Consorzio Venezia Nuova coinvolse tre professori del MIT di Boston che contestarono il parere di VIA negativo. In seguito la magistratura veneziana scoprirà che i tre professori del MIT furono pagati dal Consorzio.

Il Sindaco Cacciari chiese inutilmente al presidente del Consiglio Prodi di interrompere i lavori in Laguna mentre Pegoraro Scanio entrava in conflitto con il ministro delle infrastrutture favorevole al Mose, Di Pietro. Vinse alla fine la linea Prodi-Di Pietro e non poteva essere altrimenti considerato che Prodi è stato uno dei padri del Mose in qualità di presidente dell’Iri-Italstat, contribuendo alla nascita del Consorzio.

Chi ci guadagna con il Mose

I beneficiari di questo mare di soldi?
Il presidente della Regione Veneto Galan, che ha patteggiato la pena a 2 anni e 10 mesi di carcere e la confisca di 2,6 milioni di euro che, rappresentano il 54% dei 4,83 milioni di euro che secondo la Guardia di Finanza avrebbe incassato. L’assessore Chisso, il sindaco di Venezia Orsoni, il Magistrato alle Acque, un generale della Guardia di Finanza, un magistrato della Corte dei Conti del Veneto, la sponsorizzazione per avere la Coppa America a Venezia, soldi per la Fenice, per la squadra di calcio, di basket, consiglieri regionali di opposizione, qualche parlamentare. Tutti soldi provenienti dal Consorzio!
In una intercettazione un dirigente del Consorzio Pio Savioli, poi arrestato, dice “(…) abbiamo pagato tutti i politici italiani, tutte le amministrazioni pubbliche italiane, il MIT…”.

Di progetti meno costosi ve ne erano parecchi, ma il dubbio che assale molti oggi è: “Il Mose funzionerà?”.

Il dubbio nasce dalla constatazione non solo dei collaudi citati, che da maggio vanno male, ma soprattutto dai mancati controlli del Magistrato alle Acque, lautamente retribuito dallo Stato per controllare che il Mose funzioni dal punto di vista idraulico e meccanico. Magistrato pagato dal Consorzio con alcune centinaia di migliaia di euro all’anno, con vacanze, assunzione di parenti e incredibilmente con una liquidazione finale di 500 mila euro.

I dubbi sul Moe sono molti e vanno dalla insufficienza delle prove sui modelli alla diversità dei modelli matematici simulati al computer rispetto alla realtà del funzionamento, in mare e con il vento di boa.

Il tempo ci dirà se al danno si aggiunge la beffa di aver speso una grande quantità di soldi per un bidone senza aver salvaguardato Venezia, perché un vero intervento di difesa avrebbe dovuto riguardare l’intera laguna veneta. Su questa incredibile vicenda rumorosissimo è il silenzio del ministro delle infrastrutture Del Rio.