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Alcune settimane fa l’Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, ha diramato i risultati di uno studio che compara la spesa pubblica (nel 2011) dei singoli Stati dell’Eurozona destinata alla cultura e all’istruzione.
Ebbene, anche in questo caso, la situazione appare desolante. I dati mostrano come nel nostro Paese gli investimenti rivolti a questi settori siano praticamente nulli.
L’Italia si trova all’ultimo posto in quanto a percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% della media continentale) e al penultimo, seguita solo dalla Grecia, per quanto riguarda i soldi volti a finanziare l’istruzione (8,5% a fronte del 10,9% di media dell’UE a 27).
Il grafico:
Notizia passata ovviamente in sordina perché, a quanto pare, è molto più importante parlare dei litigi e delle brighe tra i singoli partiti ed esponenti del nostro Governo, che del futuro di noi giovani.
Ci si lamenta che in Parlamento ci siano sempre le stesse facce da 20 anni, si chiede a gran voce un cambiamento, si urla contro una classe dirigente anziana ed inadeguata, ma come si può pretendere di “far largo ai giovani” se non ci si impegna a formarli questi giovani; se non si danno loro le basi per imparare a svolgere determinati compiti e se non si fa assolutamente nulla perché essi abbiano la preparazione adeguata per non fare nuovamente gli errori dei loro padri e dei loro nonni che oggi stanno attaccati agli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama.
Questi dati sono lo specchio di un Paese che non cresce e che, a questo punto, neanche vuole farlo. Perché se una Nazione non fa in modo, attraverso investimenti ed iniziative concrete, di formare coloro che saranno destinati a guidarla in futuro, allora vuol dire che non è interessata al suo futuro.
Si parla tanto di cambiamento, ma per mettere in atto qualsiasi tipo di cambiamento occorre dare delle basi forti, altrimenti, ciò che resta, è la solita retorica politica tanto cara ai nostri rappresentanti e che sta, a poco a poco, facendo deflagrare l’Italia nella recessione.
I dati generali
Secondo l’Istituto di Statistica Europeo in Italia è più alta la percentuale di spesa per i servizi pubblici generali (che comprendono gli interessi sul debito pubblico) con il 17,3% a fronte del 13,5% medio dell’Ue a 27 (in Grecia questa voce pesa per il 24,6% su tutta la spesa pubblica). La spesa per protezione sociale (pensioni in primis) nel nostro Paese è invece ancora superiore a quella Ue a 27 con il 41% della spesa pubblica complessiva a fronte del 39,9%.
Infine bisogna considerare che, l’Italia spende il 3% della sua spesa pubblica per la difesa (in linea con l’Ue a 27) e il 4% per l’ordine pubblico (3,9% la media europea). Per la sanità pubblica il nostro Paese spende leggermente meno della media Ue a 27 (il 14,7% contro il 14,9%).
Le risposte del Miur
Il Ministero dell’Istruzione prova a “difendersi” con una nota, nella quale invita i cittadini a non leggere questi dati in maniera fuorviante (tenendo conto delle peculiarità del nostro Paese quindi), ma affermando l’intenzione di prendere le attuali statistiche come “uno stimolo a invertire la rotta”.
I dati Eurostat, si legge nella stessa nota:
“non sono quindi una novità e devono rappresentare un doveroso stimolo per le istituzioni e la politica ad invertire definitivamente la rotta”.
Beh, dal canto nostro non possiamo far altro che augurarcelo. Anche se sorge spontanea una domanda: quando si inizierà ad invertirla, questa rotta?