Guerra in Ucraina: cresce prezzo del grano, Italia ne importa il 64% del fabbisogno

Le conseguenze del conflitto sono anche economiche

La guerra in Ucraina avrà verosimilmente un prezzo alto da pagare. Sarà così per i morti, di cui ogni giorno di si ha notizia. Ma è così anche per quelle che saranno le conseguenze economiche che il conflitto porterà in dote. E lo si evince anche dalla comunicazione arrivata direttamente da Coldiretti.

Guerra in Ucraina: le conseguenze per il settore primario

Si parla molto, ad esempio, di quelle che sono le questione relative ai prezzi del gas e di tutti gli aspetti che ne derivano. Adesso, però, è anche il momento di affrontare quello che saranno le evoluzioni per altri settori. A partire da quello primario. La stima di Coldiretti che, a solo una settimana dall’inizio del conflitto, si sia registrato un aumento del costo del grano del 38,6%.

Non si tratta, però, dell’unico aumento. «Ad aumentare del 17% - segnala Coldiretti - è stato anche il prezzo del mais e del 6% quello della soia destinati all’alimentazione degli animali negli allevamenti».
Coldiretti segnala il rilevamento sulla base di quelle che sono state le variazioni delle quotazioni nella borsa merci di Chicago, che rappresenta una sorta di cartina di tornasole per capire il modo in cui si evolvono i prezzi relativi al mondo agricolo.

Aumento prezzo del grano, questione anche internazionale

La guerra in Ucraina sta, dunque, avendo un sensibile aumento del costo delle materie prime come conseguenza. Questo porterà inevitabilmente alla crescita dei prezzi e alla necessità di dover fare i conti con l’inflazione. Un problema che, per i paesi dal reddito pro-capite più alto, potrebbe rappresentare una diminuzione del potere d’acquisto, ma che ad altre latitudini potrebbe anche generare tensioni.

Coldiretti in particolare fa menzione al fatto che i prezzi del grano stiano raggiungendo livelli paragonabili a quelli dei periodi in cui si verificavano «drammatiche rivolte del pane» che hanno coinvolto molti paesi soprattutto nel Nord-Africa. Realtà che viene citata come «il maggior importatore mondiale di grano» e dipendente «soprattutto da Russia e Ucraina».

Grano e mais per allevamenti: quanto ne importa l’Italia?

L’analisi fornita da Coldiretti, attraverso i numeri, spiega perché anche l’Italia è interessata in maniera diretta da questa situazione relativa ai prezzi. Il 64% del fabbisogno di grano nazionale per la produzione di pane e biscotti è, infatti, soddisfatto dalle importazioni.

Si è, invece, al 53% per ciò he riguarda il mais che viene impiegato per alimentare gli allevamenti e in questa percentuale c’è da considerare il fatto che l’Ucraina rappresenta il secondo fornitore per l’Italia. Le percentuali, per il Paese attualmente divenuto campo di battaglia, parlano del 20% di mais fornito all’Italia. Si scende, invece, fino al 5% per ciò che riguarda il grano.

Per gli allevatori c’è anche il problema energia

Gli allevatori oggi si trovano a dover fare i conti con un +40% relativo ai costi per l’alimentazione del bestiame e il +70% relativo alle spese da sostenere per l’utilizzo dell’energia. Sul fronte materie prime per il settore primario il futuro, dopo anni in cui non si è puntato troppo in questa direzione, potrebbe esser per l’Italia fare da sé. «L’Italia – si legge in una dichiarazione del presidente della Coldiretti Ettore Prandini – ha le risorse, la tecnologia e le capacità per diventare autosufficiente nella produzione del grano e degli altri alimenti»