Diminuzione laureati, le facoltà e le università più penalizzate

Si svuotano gli atenei, negli ultimi dieci anni le immatricolazioni sono scese del 20%. Tra numero chiuso e tasse salate, ecco le facoltà che pagano di più il conto

Scendono le iscrizioni alle università del 20% e, rispetto a dieci anni fa, le matricole sono circa 65 mila in meno: la diminuzione dei laureati è conseguenza della crisi economica, ma anche del numero chiuso e delle prospettive di lavoro.

Le facoltà scientifiche resistono, ma soprattutto al Sud il numero di laureati e di nuove matricole scende drasticamente nelle facoltà umanistiche e sociali, con una sola eccezione.

Diminuzione laureati, le facoltà che hanno perso di più

Il calo delle immatricolazioni non ha riguardato tutte le facoltà, ma ha inciso in maniera più consistente in alcuni casi particolari, segnando addirittura un crollo negli ambiti umanistico e sociale. Economia e scienze politiche hanno sfiorato il -10% nel numero di iscritti, ma per altre è andata molto peggio: ecco le 10 facoltà che hanno perso più iscritti negli ultimi dieci anni:

  • Geografia: -78,4%
  • Beni culturali: -47,1%
  • Lauree magistrali in giurisprudenza: -45,6%
  • Sociologia: -45,4%
  • Scienze della comunicazione: -45,2%
  • Scienze dell’educazione e della formazione: -43,1%
  • Storia: -37%
  • Scienze del turismo: -35,6%
  • Scienze e tecniche psicologiche: -32,6%
  • Filosofia: -22%

Fanno eccezione solo le facoltà di lingue e culture straniere che, in un mondo sempre più globalizzato, costituiscono ancora un importante polo d’attrazione per gli studenti, che nell’ultimo decennio sono aumentati del 12,1%.

Resistono le facoltà scientifiche, primeggia la chimica

Le facoltà dell’ambito scientifico resistono e, nella maggior parte dei casi, fanno registrare un aumento delle iscrizioni. Primeggia il mondo della chimica (+46,2%) e crescono anche le scienze e tecnologie fisiche. Bene le scienze motorie, mentre sorprende il risultato negativo di scienze e tecnologie informatiche, che perde il 21% del numero di immatricolati.

Diminuzione laureati, le cause e le conseguenze

Sulle cause che hanno portato le immatricolazioni agli atenei a diminuire del 20% c’è molto da discutere, le scelte a favore del cosiddetto “numero chiuso” hanno sicuramente limitato l’accesso a numerosi corsi, ma c’è chi punta il dito sulle scarse prospettive per i laureati sul mondo del lavoro. Non è così vero: se solo il 52,9% dei laureati italiani trova lavoro entro tre anni dal titolo, la situazione è molto peggiore per i diplomati, tra i quali solo uno su tre trova un impiego entro tre anni dall’esame di Stato.

L’aspetto economico diventa quindi dominante, soprattutto se si considera che le maggiori riduzioni di iscritti si registrano al Sud. Guardando alle carissime tasse universitarie e alla scarsità di borse di studio, il risultato non può in alcun modo sorprendere. Il problema non è solo lo svuotamento degli atenei, ma anche un impoverimento culturale che rischia di tagliare le gambe all’istruzione e alla formazione della classe dirigente e dei lavoratori, ai quali sono oggi richieste competenze elevatissime per far fronte ad un contesto completamente differente rispetto a pochi decenni fa.