Ape social per badanti, ecco come accedere all’anticipo pensionistico

Tra le 15 categorie di lavoro gravoso previste dall’Ape social ci sono anche le badanti, ecco regole e normativa per andare in pensione con la misura anche nel 2020.

Con l’Ape sociale si può anticipare l’uscita dal mondo del lavoro di ben 4 anni rispetto all’età pensionabile prevista per la pensione di vecchiaia. La misura si rivolge però, a determinate categorie di soggetti, tutti con particolari condizioni di disagio come salute, reddito, composizione del nucleo familiare o lavoro.

Possono accedere all’Ape sociale, i disoccupati, gli invalidi, quelli che hanno invalidi a carico o chi presta servizio in attività logoranti, i cosiddetti lavori gravosi. Tra le 15 categorie di lavoro gravoso previste dal nostro ordinamento, rientrano anche le badanti. Inoltre, l’accesso all’Ape sociale è consentito anche a chi perde il lavoro, ed in questo caso, la misura può essere percepita anche da colf, badanti, baby sitter, giardinieri e tutte le altre fattispecie di lavoratori che rientrano nel grande contenitore che è il lavoro domestico.

Beneficiari Ape sociale

Ape è l’acronimo di anticipo pensionistico. La misura, nata con la manovra finanziaria del governo Gentiloni nel 2018, consente l’uscita dal mondo del lavoro già a 63 anni. La misura è opzionale, poiché sta al lavoratore scegliere quando lasciare il lavoro dopo aver compiuto i 63 anni di età. Oltre al requisito anagrafico bisogna centrare anche il requisito contributivo. Per gli invalidi, i disoccupati o i caregivers (soggetti con coniuge o parenti di primo grado invalidi a carico), sono necessari 30 anni di contributi versati. Per i lavori gravosi invece ne servono 36.

Restando nell’orbita del lavoro domestico, tutti i dipendenti che hanno perduto il posto di lavoro involontariamente, se si trovano ad aver raggiunto i 63 anni di età ed i 30 di contributi, possono accedere all’Ape sociale. Oltre al doppio requisito anagrafico e contributivo richiesto, è necessario rispettare una determinata condizione reddituale. Il soggetto che intende presentare domanda di Ape sociale, deve aver terminato da almeno tre mesi di incassare l’indennità di disoccupazione spettante, cioè la Naspi. Inoltre, è necessario che nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, l’interessato abbia avuto un rapporto di lavoro della durata di 18 mesi

Per quanto concerne l’invalidità, questo è un altro fattore che può consentire di rientrare nel perimetro di applicazione dell’Ape sociale. Il richiedente però deve essere nelle condizioni di avere una riduzione della capacità lavorativa piuttosto marcata, cioè una invalidità confermata dalle competenti commissioni Asl, pari ad almeno il 74%. La stessa percentuale di disabilità deve essere rispettata per l’invalido a carico del richiedente la pensione, cioè per la categoria dei caregivers. In questo caso però è necessario che il soggetto invalido risulti a carico del richiedente la pensione, da almeno 6 mesi prima della data di presentazione della domanda di acceso al beneficio dell’anticipo pensionistico.

I lavori gravosi

Ricapitolando, chiunque tra i lavoratori domestici, a prescindere dalla tipologia di attività svolta (dalla badante alla colf, dal maggiordomo alla cuoca), se contestualmente al raggiungimento dei 63 anni di età, completa 30 anni di lavoro ed è disoccupato, invalido o caregivers, può andare in pensione con l’Ape sociale. Solo chi presta assistenza a persone non autosufficienti, cioè per le badanti, le porte dell’Ape sociale si aprono anche come lavoro gravoso. Oltre ai 63 anni di età, occorre che siano stati versati 36 anni di contributi. Di questi, 7 degli ultimi 10 o 6 degli ultimi 7, devono riguardare il lavoro da badante.

Occorre ricordare che se il richiedente è donna, la legge propone uno sconto in termini di contribuzione richiesta. Lo sconto è pari ad un anno di contributi per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. In pratica, la badante che ha due figli può accedere all’Ape sociale con 63 anni d’età e 34 anni di contributi, come lavoro gravoso, mentre se trattasi di donne disoccupate, invalide o caregivers, basteranno 28 anni di contributi.