Modifica dell’Articolo 81 della Costituzione: stangata per Comuni e contribuenti

Nel silenzio di tutti i media mainstream, o per meglio dire, nel chiasso intorpidente di tutti i giornali e telegiornali che gridano a fasi alterne alla crisi o alla crescita economica, alla disoccupazione e alla tutela dell’articolo 18, ci hanno cambiato la Costituzione sotto il naso ma in uno dei suoi articoli «aurei»: l’articolo 81.

Vediamo nello specifico come e cosa è stato modificato e quanto queste riforme cambieranno la vita di tutti i cittadini.

Il pareggio in bilancio diventa legge

La riforma dell’articolo 81, approvata al Senato lo scorso 18 aprile, prevede l’imposizione nella Costituzione della Regola Aurea del pareggio di bilancio per lo Stato e gli Enti Locali. A differenza del vecchio, il nuovo articolo 81 della Costituzione abroga il divieto di stabilire nuove spese o tributi tramite la legge di bilancio. Inoltre, la modifica degli articolo 97, 117 e 119 della Costituzione, prevede che gli enti diventino indipendenti a livello di autonomia di spesa ma siano sempre obbligati a rispettare il vincolo del pareggio di bilancio, col divieto di ricorrere al debito per finanziare la gestione ordinaria.

Nessun rapporto tra deficit e pil

Praticamente, sia lo Stato che le amministrazioni pubbliche, ad oggi ancora gravate da un forte debito, non potranno spendere più di quanto incassano, ma, esaminando più attentamente l’articolo, non vi si trova alcun riferimento alla decisione di porre un limite di spesa in rapporto al pil. Per cui, nel caso in cui la spesa pubblica del nostro Paese fosse più della metà del pil e ci fosse un deficit nel bilancio (situazione in cui l’Italia si trova ora) il Governo non potrebbe fare altro che ridurre la spesa oppure aumentare le tasse. L’equilibrio sarebbe ristabilito ma l’economia italiana continuerebbe a peggiorare.

Un duro colpo per i Comuni

Questa riforma si traduce inevitabilmente in un taglio netto e drastico dei servizi pubblici o, in alternativa in un ulteriore aumento delle tasse che andranno ad aggiungersi alle già onerose imposte introdotte dal decreto «Salva Italia», tra tutte l’IMU, sulla quale proprio le amministrazioni comunali sono chiamate ad applicare le aliquote per la terza tranche. Il pareggio di bilancio, che fa parte del Fiscal compact europeo, rischia di annichilire le istituzioni pubbliche, ma soprattutto i Comuni che si vedono impossibilitati ad intervenire nella gestione economica nell’interesse dei cittadini.

L’Italia rischia di perdere la propria autonomia fiscale

Numerosi detrattori della riforma dell’articolo 81 hanno osservato che grazie all’applicazione delle Golden Rule l’Italia rischierebbe di perdere la propria autonomia fiscale, pur di rispettare le imposizioni europee. Allo stesso modo però, si potrebbe riflettere sul fatto che l’introduzione di un principio per cui non si deve spendere di più di quanto s’incassa è del tutto ragionevole, anzi, se fosse stata rispettata a partire da quaranta anni or sono probabilmente la formazione e la crescita esorbitante del nostro deficit non avrebbe seguito lo stesso corso.

La legge non vale in caso di terremoti o calamità naturali

Nel caso ci fosse una situazione sfavorevole dell’economia o si verificassero terremoti, alluvioni o altre catastrofi naturali (che tra l’altro in Italia non sono rare) le camere potrebbero aggirare le previsioni del pareggio e decidere di continuare a spendere.

E se i cittadini non approvano? Pazienza!

Grazie all’approvazione delle riforme sugli articoli 97, 117 e 119 della Costituzione con una doppia votazione alla Camera e al Senato, con una maggioranza dei due terzi, ai cittadini è impedita per legge la possibilità di ricorso attraverso un referendum confermativo della legge.

L’importanza di un dibattito pubblico

A cose fatte, dopo l’approvazione in Senato della riforma, solo Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, ha fatto sentire la sua voce denunciando dal suo blog come il pareggio di bilancio sia stato approvato «nel silenzio generale e senza dibattito pubblico» anche se non si spiega come mai questo dibattito non sia nato proprio da De Magistris prima che le modifiche fossero votate alla quasi unanimità. Ma il punto resta un un altro: a dispetto di quanto si legge sui media, abbiamo i mezzi per elaborare un’opinione originale?

Questo episodio dovrebbe far riflettere e dibattere, soprattutto in un periodo di instabilità e di crisi dell’economia reale, sul concetto di Sovranità Popolare, sulla sua effettiva possibilità e sulla reale coscienza che i cittadini hanno della politica e di quanto le decisioni del Governo influenzino la vita di tutti. È evidente la necessità di maggiore informazione, di critica e di dibattito pubblico e per questo è indispensabile che si conosca per lo meno il testo completo delle modifiche dell’articolo.

Siamo guidati da un esecutivo che non abbiamo scelto e lo stiamo accettando per il bene dei conti pubblici, ma facciamoci una domanda: seppure lo avessimo scelto, saremmo stati capaci di esercitare i nostri diritti?