Ilva di Taranto e ArcelorMittal: cosa sta succedendo

L’Ilva di Taranto si prepara a chiudere i battenti e questo per “colpa” della multinazionale indiana ArcelorMittal.

Ilva di Taranto e ArcelorMittal ecco cosa sta succedendo: con una nota del 4 novembre 2019, ArcelorMittal, ha annunciato di voler rescindere il contratto per l’acciaieria Ilva di Taranto entro 30 giorni.

Lo stabilimento siderurgico, in cui sono impiegati più di diecimila operai, da molti anni è soggetto ad accuse per il gravoso impatto sull’ambiente.
La multinazionale indiana, ArcelorMittal, ha iniziato a controllare lo stabilimento siderurgico dal 2018 per recuperare le sue sorti e per impedire il conseguente licenziamento degli operai, ma ora il pericolo è tornato più forte che mai.
Una nota stampa da parte di ArcelorMittal, infatti, ha annunciato la decisione di voler interrompere il contratto di affitto dello stabilimento siderurgico in Puglia.

Le motivazioni alla base di ciò che sta succedendo riguardano la recessione del contratto dell’Ilva di Taranto in seguito alle ultime leggi approvate perché in conflitto con il contratto già sottoscritto in precedenza.
Le leggi sopracitate sembra rendano impossibile per ArcelorMittal gestire e rimettere a “nuovo” l’acciaieria.
La chiusura dell’Ilva comporterebbe oltre che la perdita di numerosi occupati, il blocco della produzione per una stima di perdita di 24 miliardi di euro sul PIL nazionale.

ArcelorMittal e Ilva di Taranto: come si è arrivati a questo punto

A scatenare tutto è stato un emendamento del Movimento 5 Stelle al decreto Salva Imprese poiché nella propria campagna elettorale avevano promesso agli elettori che avrebbero chiuso l’impianto.
Con il decreto veniva revocata ad ArcelorMittal l’immunità penale concessa in precedenza per evitare la perseguibilità penale in caso di violazioni antecedenti al termine del risanamento ambientale.

Questo tipo di “agevolazione” era concessa per mettere in atto l’adeguamento degli impianti nei termini previsti dal contratto.
Con questa norma del 2012, anno in cui ArcelorMittal non si era ancora aggiudicato l’Ilva di Taranto, si voleva garantire una sorta di protezione sia nei confronti dei gestori aziendali sia nei confronti della ditta che avesse appaltato, evitando così che i due attori venissero coinvolti in fatti accaduti in passato.

Con l’arrivo del Governo Lega-M5S con il decreto crescita viene eliminata l’immunità penale e a sostenere questa iniziativa è stato maggiormente il ministro allo Sviluppo Luigi Di Maio.
Successivamente con il decreto salva-Imprese, si cerca un compromesso che possa portare l’immunità di nuovo in vigore ma con la copertura degli impianti da mettere a norma nel tempo strettamente necessario ai lavori come stabilito.

Tuttavia la versione definitiva attuale del decreto pone fine all’immunità penale completamente e ottiene la fiducia delle camere.
Da questo scontro deriva la decisione della multinazionale Indiana ArcelorMittal di proclamare il recesso del contratto prima della completa acquisizione del 2020.

Le Conseguenze della recessione del contratto per l’Ilva di Taranto

Il contratto stipulato tra ArcelorMittal e Ilva è di affitto e la multinazionale indiana si sarebbe impegnata a portare a termine investimenti ambientali per più di un miliardo di euro.
Le risorse impiegate che andranno a perdere il lavoro sono città 10.700 operai, di cui 8.200 nello stabilimento di Taranto.