
Roma, 8 lug. (Adnkronos Salute) - «Il farmaco che attendiamo anche in Italia per i pazienti con prurito associato a malattia renale cronica (Ckd) sarebbe in grado di ridurre un sintomo tanto fastidioso quanto invalidante nell’85% dei casi. Per noi nefrologi questo traguardo è già un successo, perché parliamo di persone anziane che convivono tutto il giorno con un terribile disturbo. Come presidente della Società italiana di nefrologia, mi auguro che sia prescrivibile direttamente da tutti i centri di dialisi, senza alcuna distinzione. L’auspicio è che ci sia una maggiore attenzione verso questi pazienti che hanno una qualità di vita disastrosa: 3-4 volte alla settimana sono legati a una macchina per la dialisi, presentano sintomi come ipotensione, astenia e stanchezza, e a causa del prurito non dormono la notte. Quindi ben venga questa innovazione terapeutica. Quello che, ripeto, mi auguro è che sia facilmente accessibile ai nostri pazienti». Così il presidente della Società italiana di nefrologia (Sin), Luca De Nicola, in merito alla nuova opzione terapeutica - un agonista del recettore kappa-oppioide selettivo sintetico - per il prurito da malattia renale cronica.
Si tratta di difelikefalin ed è la prima terapia in Italia contro questa condizione, destinata a diventare il nuovo standard di cura. Dopo l’approvazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema), Csl Vifor Italia e Vifor Fresenius Medical Care Renal Pharma comunicano che è terminata la fase di negoziazione con l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per la rimborsabilità di difelikefalin e si attene la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale.
"E’ un sintomo sottovalutato, ma che devasta per molti aspetti la vita del paziente perché non va via, ma accompagna il paziente per tutta la durata della malattia e soprattutto impedisce il riposo notturno - sottolinea Filippo Aucella, direttore della Struttura complessa di Nefrologia e dialisi dell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, Foggia - Quando perdiamo il sonno, non 1 o 2 giorni, ma per mesi interi, vuol dire che il paziente va in depressione e non riesce più ad avere una qualità di vita soddisfacente. Quindi la possibilità di poter agire con un farmaco che rompe questo circolo vizioso può effettivamente in molti casi essere capace di ridare una speranza di vita e una qualità di vita adeguata a soggetti già così provati da una cronicità invalidante che ha un forte impatto anche sul rapporto con gli altri, amici e familiari. Se abbiamo un’arma che potenzialmente riesce a spezzare questo circolo vizioso, probabilmente riusciremo a soddisfare un bisogno insoddisfatto di questi pazienti, ovvero la possibilità di dormire senza essere interrotti durante il riposo ogni ora dalla necessità di alzarsi, grattarsi. Non solo. Queste persone, a causa delle lesioni da grattamento evidente, non escono d’estate per non mostrare le braccia piene di graffi che loro si provocano. Quindi garantire a questi pazienti la possibilità di avere una vita sociale di relazione è un grande traguardo", evidenzia lo specialista.