
Roma, 4 dic. (Adnkronos Salute) - «Sono pochi i campanelli d’allarme. All’inizio questa infezione» degli occhi «dà pochi segni aspecifici. Secondo me, le persone che utilizzano lenti a contatto in maniera scorretta» nel momento in cui hanno anche «problemi piccoli andrebbero viste dall’oculista e, nel sospetto di acanthamoeba, vanno fatti gli accertamenti: la microscopia confocale e il prelievo per esami microbiologici». Lo ha detto Paolo Rama, oculista, professore e consulente al Policlinico San Matteo di Pavia, all’Adnkronos Salute, oggi a Roma, partecipando al Dialogue Meeting su ’Conoscere e riconoscere la cheratite da acanthamoeba’.
Nelle prime fasi di infezione, «l’efficacia del trattamento è altissima - avverte Rama - se si aspetta quando il parassita si approfondisce nella cornea, il trattamento diventa molto più problematico». Trattandosi di un’infezione rara, la sfida per gli oculisti è di «conoscerla, sospettarla e sapere dove inviare per la conferma della diagnosi che è solo strumentale. Non si può fare diagnosi clinica, ci sono esami specifici - rimarca il professore - La microscopia confocale in vivo, uno strumento che consente di evidenziare le cisti nella cornea, e il prelievo per esami microbiologici, culturali specifici».
La terapia «si basa su due antisettici che sono la clorexidina e Phmb, polihexanide, formulazione 0.08%». «Il Phmb è stato approvato dall’Agenzia europea (Ema). Adesso aspettiamo l’approvazione di Aifa», l’Agenzia italiana del farmaco. «Speriamo - conclude - che arrivi in commercio presto».