
Milano, 15 ott. (Adnkronos Salute) - Tale genitore tale figlio, anche a tavola. «Le abitudini alimentari si formano in famiglia e si riflettono nell’età adulta», perché «oltre all’essenziale funzione del nutrimento per l’organismo, il cibo è un elemento di condivisione, educazione e crescita emotiva. Di più: l’alimentazione è uno dei primi mezzi di interazione fra genitori e figli, fin dall’allattamento». In altre parole, in fatto di dieta gli errori dei padri e delle madri ricadono sui figli. Alla vigilia della Giornata mondiale dell’alimentazione in calendario il 16 ottobre, gli esperti di ’Dottore, ma è vero che...?’, il sito anti-bufale della Federazione nazionale Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri - Fnomceo, spiegano come e perché, nel bene e nel male, le abitudini alimentari di mamma e papà influenzano quelle del bambino già dai primi giorni di vita. Saperlo può aiutare a capire gli sbagli da non fare per ridurre il rischio di malattie difficili da combattere, come l’obesità e i disturbi del comportamento alimentare.
"La ricerca psicologica - illustrano i camici bianchi - da tempo prova a classificare gli stili alimentari familiari per individuare comportamenti corretti e scorretti. Un team di ricerca britannico formato da psicologi ed esperti del neurosviluppo ha seguito nel tempo circa mille bambini di età compresa fra i 3 e i 6 anni. Grazie ai loro genitori, che hanno fornito informazioni sulla dieta seguita a casa, sono stati individuati 4 comportamenti alimentari". C’è il «profilo tipico, caratterizzato da un comportamento a tavola equilibrato, razionale». E poi ci sono i profili «avido, che comporta il rischio di ridotta sazietà ed è correlato alla tendenza a prendere peso; emotivo, nel quale il cibo è un modo per regolare le emozioni, al di là del senso di fame o di sazietà; evitante, cioè guidato dalla selettività e dall’incapacità di apprezzare ciò che si mangia».
Secondo lo studio, «i genitori con un determinato profilo tendono a trasmettere le stesse modalità ai figli». Una correlazione che «è particolarmente forte negli stili meno equilibrati, come il comportamento avido e quello evitante». Ne va della salute del bambino, perché «i comportamenti avidi ed emotivi, studiati nel tempo, hanno permesso di riscontrare casi di sovrappeso e obesità più frequenti». E non è solo una questione di metodi educativi, ma anche di scelte, considerando che «i profili più dannosi sono stati associati a una scarsa disponibilità di cibo sano in casa».
Ma ci sono prove scientifiche a supporto di questi studi di psicologia? «Da tempo - confermano i dottori anti-fake nwes - sappiamo che il rapporto con il cibo si struttura nel corso dei primi anni di vita. Si tratta di un processo che ha inizio anche in fase prenatale: sono cruciali i primi mille giorni, cioè dal concepimento al compimento di 2 anni di età. Secondo l’Accademia americana di pediatria, l’obesità, il rischio di diabete e l’ipertensione possono avere origine proprio dallo stile nutrizionale appreso nell’infanzia. Non solo: se la mamma è in sovrappeso, questi rischi aumentano».
L’’emulazione alimentare’ dei figli comincia subito. «Allattare al seno, per esempio - sottolineano i medici - influenza il modo in cui il neonato reagisce ai segnali di fame e sazietà e aiuta l’autoregolazione e l’accettazione di alimenti diversi negli anni successivi. Il bambino impara osservando e imitando gli adulti, e forma i suoi giudizi, positivi o negativi, giorno per giorno in questo modo». Ecco perché «ogni famiglia dovrebbe avere disponibilità di un’ampia scelta di alimenti sani con i quali comporre una dieta variata e stimolante, evitando di ricorrere a imposizioni» - perché da una revisione di diversi studi emerge che «l’eccessiva pressione su bambini svogliati crea emozioni negative che portano al rifiuto» - o «di utilizzare il cibo come ricompensa o punizione», raccomandano i camici bianchi. «Allo stesso modo - avvertono - negare completamente alcuni alimenti ricchi di zuccheri e grassi è controproducente: i cibi proibiti diventeranno i più allettanti».
Altre abitudini scorrette descritte dagli studi? Un errore è mangiare ’a turno’, genitori e figli separatamente. «E’ importante che i genitori siano presenti a tavola: questa regolarità - precisano gli esperti di ’Dottore, ma è vero che...?’ - impedisce di saltare i pasti e aiuta il consumo di alimenti sani e di porzioni equilibrate. Particolarmente importante è il momento della colazione che, più di altri pasti, tende a essere saltata per mancanza di tempo o di appetito. In Italia un bambino su 10 non fa colazione e uno su 3 segue una dieta sbilanciata al mattino, con la conseguenza di arrivare al pranzo affamati o di ricorrere a merende povere di nutrienti sani. E’ invece fondamentale condividere questo momento fin dalla preparazione del pasto. I benefici non ricadono solo sulla salute dell’organismo, ma anche sulle capacità cognitive, sull’apprendimento».
Ma se il piccolo di casa i cibi sani non li vuole proprio vedere? Se respinge frutta e verdura? La premessa è che, «in generale, funzionano i modelli nei quali i genitori propongono l’approccio ’fai come faccio io’ e non ’fai come dico io’». Poi è vero che «il comportamento evitante è molto frequente, interessa circa il 20-30% dei bambini. Fin dallo svezzamento - è il consiglio dei medici - occorre introdurre progressivamente nuovi alimenti. L’esposizione precoce, non forzata, a frutta, verdure e fibre abitua il bambino ad apprezzare i sapori diversi, associando il gusto e i benefici sull’organismo a emozioni positive che dureranno nel tempo. Occorre inoltre variare le proposte a tavola, senza insistere troppo con alimenti che il bambino ha più volte rifiutato; la dieta monotona può portare a carenze nutrizionali». Ed è bene "incoraggiare il bambino a consumare i pasti della mensa scolastica, che garantisce varietà, equilibrio in un ambiente condiviso con i propri compagni.
Infine, occhi attenti e guardia alta. «Osservare i comportamenti dei bambini a tavola - concludono i dottori anti-bufale - può rendere evidenti altri tipi di difficoltà e disagi. I fattori di rischio connessi alle cattive abitudini alimentari (sovrappeso, obesità, ipertensione, diabete, per esempio) sono modificabili ed è importante agire sin dall’infanzia. Cambiare il comportamento alimentare da adulti o in presenza di disturbi dell’alimentazione è molto più difficile».