Pensioni: come sono cambiate dal 1992, ecco la storia delle riforme

Dalla riforma Amato alla riforma Fornero la storia recente della previdenza italiana.

Nessuna riforma delle pensioni è stata inserita nella manovra finanziaria che adesso deve passare in Parlamento per la sua approvazione definitiva. Nonostante da più parti auspicato, un cambiamento del sistema previdenziale, soprattutto per quanto concerne le modalità di accesso alle pensioni, per il 2020 non viene previsto dai legislatori. Il sistema previdenziale nostrano di riforma in riforma è drasticamente cambiato nell’ultimo ventennio ed i cambiamenti, dal punto di vista dei lavoratori che desiderano andare in pensione, sono stati tutti peggiorativi nei loro confronti. Dalla duplice riforma Sacconi alla Fornero, per arrivare all’Ape sociale, a quota 41 per i precoci ed infine a quota 100, il sistema pensionistico italiano ha subito una autentica mutazione. Tutte riforme dettate dal dogma sulla sostenibilità del sistema previdenziale italiano, che nonostante una serie di interventi restrittivi e votati all’austerità, non è stata ancora raggiunta. La spesa pensionistica è, nonostante i correttivi, sempre alta e questo è un fardello che hanno dopo anno ha costretto i vari governi a non poter creare provvedimenti davvero profondi per permettere ai lavoratori di poter uscire prima dal lavoro e nemmeno per poter andare in pensione con una discreta flessibilità. Vediamo come negli anni sono cambiate le misure pensionistiche, i requisiti per accedervi e l’età di uscita prevista.

Età pensionabile e pensioni di vecchiaia

La pensione di vecchiaia è la misura che consente il pensionamento una volta raggiunta una certa età, la cosiddetta età pensionabile. Naturalmente oltre al requisito anagrafico sulla pensione di vecchiaia bisogna centrare anche un requisiti minimo contributivo. Oggi ed anche per il 2020, l’età pensionabile per questa misura è fissata a 67 anni, mentre il requisito contributivo è fissato a 20 anni. In attesa che nei prossimi anni, i dati sulle aspettative di vita tornino a far aumentare l’età per la pensione di vecchiaia, dopo i 5 mesi in più caricati nel 2019, vediamo da dove si era partiti. Di riforme vere delle pensioni se ne molte dal 1992 ad oggi e sono:

1992 Amato
1995 Dini
1997 Prodi
2004 Maroni
2007 Damiano
2010 Sacconi
2011 Fornero
Negli anni successivi sono state introdotte diverse misure previdenziali nel sistema, ma si tratta di piccoli interventi come opzione donna, l’Ape, la quota 41 per i precoci e la quota 100, misure destinate solo a pochi e determinati soggetti che non possono essere considerate vere e proprie riforme di sistema.

La riforma Amato

Nel 1992 per la prima volta si iniziò ad intervenire per garantire la sostenibilità del sistema. all’epoca era in carica il governo Amato, un governo che durò meno di un anno ma che incise profondamente sul sistema pensionistico italiano. Quell’esecutivo decise il graduale incremento dell’età pensionabile che passò da 55 anni per le donne e 60 per gli uomini, rispettivamente a 60 e 65. Inoltre si decise di aumentare anche il requisito contributivo minimo che passò da 15 a 20 anni.

La riforma Dini

Un altro esecutivo di breve durata ha segnato un altra fase importante per le pensioni e si tratta del governo Dini. Viene ricordato come il primo governo tecnico mai costituito e produsse il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Da quel momento si decise il graduale passaggio al metodo contributivo del calcolo degli assegni pensionistici. Anziché sulle ultime retribuzioni, le pensioni vengono calcolate in base al montate dei contributi versati durante la carriera lavorativa delle persone, trasformati in ratei mensili tramite dei coefficienti che vengono aggiornati periodicamente. Negli anni questo sistema è diventato l’unico valido per il calcolo di una pensione, soprattutto per quanti hanno iniziato a lavorare dopo il 1995.

La riforma Prodi

Con Prodi si decise di ridurre la spesa previdenziale perché erano gli anni dell’ingresso dell’Italia nella UE. Il governo Prodi quindi, aumenta i requisiti di accesso alla pensione di anzianità per i lavoratori autonomi ed equipara i pensionamenti anticipati nelle Pubbliche Amministrazioni a alle pensioni di anzianità erogate dall’Inps. Per la prima volta di decide di bloccare l’indicizzazione delle pensioni al tasso di inflazione, blocco che venne applicato sulle pensioni superiori a 5 volte il trattamento minimo.

La riforma dei governi Berlusconi

Si parla di riforma Maroni, ma durante l’epopea dei governi Berlusconi, più volte si intervenne in correzione del sistema previdenziale. Già nel 2001 infatti il governo Berlusconi intervenne in maniera forte, portando le pensioni minime e quelle sociali al famoso milione di lire. Con il Cavaliere venne aperta la possibilità di cumulo dei redditi da lavoro dipendente ed autonomo, con la pensione di anzianità che all’epoca si percepiva con 58 anni di età e 38 di contributi. Inoltre fu cessata l’Inpdad che confluì nell’Inps. Nel 2004 invece, con la riforma Maroni nasce il cosiddetto scalone. Con la legge di Bilancio di quell’anno, si innalzarono i requisiti per la pensione di anzianità e salì l’età pensionabile da 57 a 60 anni. Entrò inoltre, per la prima volta il meccanismo di flessibilità che consentiva alle donne di poter ancora uscire a 57 anni di età con 35 di contributi, ma solo se si accettava il calcolo contributivo della pensione. Un anticipo di opzione donna dei nostri giorni. Come incentivo a restare al lavoro ed a rinviare nel tempo la pensione di anzianità, sempre in ottica flessibile, si produsse il super bonus del 32,7%.

Riforma Damiano

Erano gli anni dei governi in alternanza tra centro sinistra e centro destra. Nel 2007, con un governo di centrosinistra, guidato di nuovo da Romano Prodi, la riforma Damiano chiuse allo scalone di Maroni. Entrò in atto il sistema quota, con le uscite stabilite in base alla somma di età anagrafica e contributi previdenziali, con le frazioni di anno utili al calcolo.Venne innalzata l’età anagrafica per le uscite delle lavoratrici dello Stato a 65 anni e sempre per il Pubblico Impiego per la prima volta si stabilì l’erogazione del Tfr a rate al termine del rapporto di lavoro.

Riforma Sacconi

Nel 2010 e nel 2011 il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di allora, Maurizio Sacconi ha modificato la previdenza aumentando l’età per il pensionamento sia di vecchiaia che di anzianità introducendo il sistema a finestre. In pratica, si differì la decorrenza delle pensioni di 12 mesi per i lavoratori dipendenti e e di 18 mesi per gli autonomi. Fu con Sacconi che si optò per allineare l’età di uscita delle donne del pubblico impiego a 65 anni (era a 60) come per i colleghi maschi e come per le lavoratrici del settore privato. Dando seguito ai diktat europei, si stabilì un adeguamento triennale dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita.

Riforma Fornero

Con il governo Monti invece entrò nel 2011 la riforma Fornero, forse la più discussa riforma previdenziale della storia. Erano gli anni della grave crisi economica globale che hanno costretto quel governo tecnico a varare il decreto Salva Italia. La Fornero debella del tutto il sistema quote ed estende il sistema contributivo alla generalità dei lavoratori. Viene azzerata la differenza tra uomini e donne rispetto ai requisiti per le pensioni e si innalzano i requisiti sia per la pensione di vecchiaia che per quella di anzianità, che di fatto viene chiamata pensione anticipata proprio dalla riforma Fornero. La legge Fornero ha accelerato il meccanismo partito con la Riforma Sacconi, prevedendo un adeguamento alle aspettative di vita biennali dal 2019 e completando la cancellazione del sistema quota. Fin dal 2012 il colpo è stato repentino, passando dalle uscite possibili già a quota 96 a pensioni anticipate a 41 anni di contributi o pensioni di vecchiaia a 66 anni di età. Ed è così che si è arrivati alle attuali norme, che anche nel 2020 prevederanno 42 anni e 10 mesi di contributi per la pensione anticipata (per le donne resta un anno in meno) o 67 anni di età e 20 di versamenti per le pensioni di vecchiaia.