Fare la badante è lavoro gravoso e anche usurante! In pensione a 61,7 o 63 anni

Una cosa che pochi sanno è che il lavoro della badante da qualche anno fa parte dei lavori gravosi, e se svolto di notte, fa parte dei lavori usuranti.

Si possono dire tante cose sul lavoro della badante, ma non che sia un lavoro leggero. Orari massacranti, spesso in servizio anche di notte, costretti a spostare pesi che possono essere a volte molto superiori rispetto al peso corporeo della lavoratrice. Un lavoro piuttosto duro dicevamo, e negli ultimi anni sembra che anche le leggi se ne siano accorte. Infatti per chi assiste un soggetto non propriamente autosufficiente, la normativa previdenziale vigente ha inserito l’attività regolare di una badante, nel lavoro gravoso.

In tutto sono 15 le categorie di attività lavorative che la legge considera gravose, cioè talmente logoranti da dover prevedere per loro misure pensionistiche più vantaggiose. E in alcuni casi il lavoro della badante, anche se non esplicitamente richiamato nella normativa, può rientrare nelle misure pensionistiche ancora più vantaggiose del lavoro usurante. Vediamo di fare chiarezza su cosa significa per la materia assistenziale e previdenziale, il lavoro gravoso e quello usurante e come le badanti potrebbero rientrarvi e accedere a misure di pensione piuttosto convenienti.

Lavoro gravoso, per le badanti quota 41 e Ape sociale

Il lavoro gravoso è una terminologia che è entrata nel linguaggio previdenziale con l’ultimo governo Renzi e con la sua finanziaria che poi fu completata, dopo le dimissioni di Renzi per il flop del referendum costituzionale, dal governo Gentiloni. Le 15 attività gravose (inizialmente erano 11, poi furono aggiunte altre 4, ma le badanti fin dall’inizio entrarono del meccanismo) sono tra le categorie di soggetti a cui è destinata l’Anticipo Pensionistico Sociale e la quota 41 per i precoci.

Per le badanti che assistono persone non autosufficienti come spesso accade, si potrebbe aprire la porta della pensione con discreto anticipo rispetto ai 41 anni e 10 mesi di contributi (42 anni e 10 mesi per gli uomini) necessari per la pensione senza limiti di età conosciuta come pensione anticipata. E si potrebbe uscire con discreto anticipo anche rispetto alla pensione di vecchiaia che è fissata a 67 anni di età con 20 anni di contributi.

Ape sociale badanti

L’Ape social è una misura sperimentale, come dicevamo, introdotta dalla legge di Bilancio 2017 e poi prorogata al 31 dicembre 2020 per effetto delle manovre successive, compresa l’ultima del governo Conte bis. Per avere accesso all’Ape social è necessario avere 63 anni di età e non essere titolari di pensione diretta. La misura si rivolge a disoccupati che da 3 mesi non hanno più la copertura della Naspi, invalidi con il 74% di riduzione della capacità lavorativa e chi ha parenti stretti disabili al 74%, a carico fiscalmente da almeno 6 mesi. Per questi oltre ai 63 anni è necessario avere 30 anni di contributi versati. Per i lavori gravosi invece, e quindi anche per la badante, i contributi versati devono essere pari a 36 anni. E l’attività di badante deve essere svolta da almeno sei degli ultimi sette anni di lavoro o per almeno sette degli ultimi dieci.

Quota 41 badanti

La badante ha diritto pure a quota 41, la misura di pensionamento anticipata varata nello stesso pacchetto pensioni della finanziaria del 2017. In questo caso servono 41 anni di contributi versati, dei quali 35 effettivi da lavoro (senza la contribuzione figurativa). Una volta raggiunti i 41 anni di contributi, si può andare in pensione con questa misura, purché un anno di contribuzione sia antecedente il compimento dei 19 anni di età del richiedente. Infatti la quota 41 è misura destinata ai lavoratori precoci che rientrano nelle stesse categorie a cui è applicabile l’Ape sociale.

Lavori usuranti badanti?

Nell’Ape sociale e nella quota 41 il lavoro della badante rientra esplicitamente tra le categorie a cui le misure sono destinate. Per quanto riguarda la pensione usuranti invece, ci potrebbe essere una scappatoia normativa che potrebbe far rientrare nel vantaggio in termini di pensionamento, anche queste lavoratrici.

La pensione per lavori usuranti è una misura nata con la Legge Fornero, che stabilì termini di uscita dal mondo del lavoro per alcune categorie di lavoratori, tra cui gli autisti dei mezzi di trasporto pubblico, gli operai delle linee a catena e i minatori. Ma le stesse regole vantaggiose furono impostate anche per i lavoratori notturni. Si tratta in linea generale, di lavoratori che sono in attività dalle ore 24:00 alle ore 5.00 del mattino.

E se le regole del settore domestico, quelle stabilite dal CCNL vengono seguite dai datori di lavoro, non è raro trovare badanti che lavorano di notte, perché alla badante titolare del posto di lavoro devono essere garantite le 11 ore di riposo consecutive. Chiaramente è una interpretazione che non è avvalorata da norme e leggi quella che la badante possa rientrare nella misura di pensione anticipata per usuranti. Ma fatto sta che per tipologia di attività, molte di loro potrebbero davvero rientrare nel lavoro notturno.

Con la pensione usuranti si può andare in pensione con 35 anni di contributi versati e con 61 anni e 7 mesi di età. Si tratta delle soglie minime di accesso, perché occorre contestualmente raggiungere quota 97,6. Ricapitolando, servono almeno 61 anni e 7 mesi di età, almeno 35 anni di contribuzione versata e centrare quota 97,6 (la somma di età e contributi con validi anche le frazioni di anno). La quota però varia in base a quante notti lavorative si passano in un anno.

I requisiti sopra indicati si applicano infatti solo a chi svolge per tutto l’anno, lavoro per almeno 3 ore tra la mezzanotte e le cinque del mattino o per chi svolge 6 ore di lavoro in questa fasci a oraria per almeno 78 giornate lavorative annue. Se il lavoro notturno è svolto per meno di 78 giorni l’anno, età e quota cambiano. Servono 62,7 anni di età e quota 98,6 se si svolgono tra le 72 e le 77 giornate lavorative annue tra la mezzanotte e le cinque del mattino, oppure 63,7 anni di età e quota 99,6 se le giornate lavorative in quella fascia oraria sono tra le 64 e le 71.