Brasiliade 2014: almeno 10 morti per costruire gli stadi dei Mondiali

Bollettino di guerra: 10 morti per costruire gli stadi che ospiteranno i Mondiali tra pochi giorni

Una settimana senza sole aspetta San Paolo, Brasile, come fosse la settimana prima di un assedio, o di una guerra. Nello Stadio Itaquerao, dove alle 22 locali del 12 giugno si disputerà la partita inaugurale Brasile-Croazia, sono morti 3 operai. Perché Brasile 2014 sarà colpi di tacco, gol, ma anche tributo di sangue e soldi che il Brasile ha pagato, e continua a pagare, per avere l’onore e il piacere, d’immagine e di turismo, di ospitare i Mondiali. Come una guerra. Morti bianche: l’ultima quella dell’operaio rimasto folgorato a Cuiabà mentre stava lavorando all’impianto elettrico dell’Arena Parental. La speranza è che le dichiarazioni di Pelè siano state tradotte male: «Routine, cose che possono accadere». Non è un caso se a pochi giorni dall’inizio della competizione più attesa, in Brasile il Mondiale vada di traverso a molti: secondo un sondaggio effettuato pochi giorni FA dalla Datafolha, il 56% della popolazione spedirebbe tranquillamente indietro Blatter, n.1 Fifa, e tutto il baraccone mediatico-calcistico che ne accompagnerà l’approdo in Brasile. Nel 2007, al momento dell’assegnazione del torneo, entusiasmo e voglia di riscatto, ora ritardi, polemiche, e proteste. L’assedio di uomini e mezzi che porterà al Mondiale sta sottraendo al funzionamento pubblico e privato una cifra spropositata (11,7 miliardi di dollari). E le prospettive di guadagno finale(si parla di 180 miliardi di dollari) non consolano. Dove finiranno quei soldi? Intanto si viene a sapere che in Sudafrica i cittadini hanno smesso di pagare tasse aggiuntive soltanto un anno fa. E i Mondiali, in Sudafrica, sono datati 2010.

ULTIMO STADIO – La polemica-stadio impazza. Sono gli stadi che hanno accumulato più perdite umane e più banali ritardi: gran parte del tetto dell’Itaquerao, in vetro sintetico, è stato confermato che verrà realizzata soltanto dopo i Mondiali. E pioverà, a San Paolo, non su me ed Ermione, più che altro sulla favola bella che illuse i brasiliani. A Cuiabà a fine aprile mancavano ancora metà dei seggiolini. E se non ci sono problemi dentro, ne spuntano fuori, per via della drammatica situazione delle infrastrutture, di trasporti, parcheggi, semplici indicazioni stradali. La Fifa sarà in loco, negli ultimi giorni, per controllare e monitorare, con il mormorio del poi, comunque mormorato: erano stati richiesti 8 stadi, mica 12, è stato il Brasile a volerne fare di più. Intanto a Fortaleza ingorgo record: causa lavori allo stadio, ovviamente. Tutti guardano all’Estadio Nacional di Brasilia, costruito per la Confederations Cup, teatro di manifestazioni e scontri. «E’ l’unico che funziona davvero», mormora, con scaramanzie annesse, la stampa di casa. Che intanto gioisce: “Si vedono già i primi turisti”. Che si godranno le"giornate internazionali della resistenza contro la Coppa del Mondo". Per i 10 operai tragicamente deceduti per costruire questi Mondiali. Nel Mané Garrincha, di Brasilia, 620 milioni di euro di costo, ma il governo contesta la cifra, è scomparso il primo operaio, come Protesilao, primo a morire sulle spiagge di Troia. Solo che non si tratta di una guerra, ma di stadi, di calcio. Costa tanto quanto, si muore, ma è calcio. Forse.