5 motivi per amare Messi - VIDEO

Dichiarazione d’amore per Lionel Messi, tutto quel che rappresenta, la sua Argentina, e il suo gol al Maracanà.

1 Perché è il Capitano probabilmente dell’Argentina più difficile, quella che deve giocare il Mondiale in casa dei nemici di sempre, sportivamente, dei rivali, di quelli che la Storia del Calcio gli ha consegnato come nemesi primigenia, il Brasile, che ha trovato in Neymar l’anti Messi, il contrario di Messi. Perché è il Capitano dell’Argentina nella terra straniera per eccellenza, nello stadio più fortemente brasiliano, nello stadio della Leggenda del Brasile. E nel tunnel guarda il bambino, si sistema la fascia, lo sa. Che lui è Messi, e questa è la sua notte.

2 Perché lo chiamano la Pulce da sempre, perché non avrebbe mai dovuto giocare a calcio ma a volte, nel calcio, ci sono storie che superano perfino l’immaginazione, come la sua, come la sua che non dovrebbe giocare a calcio per problemi seri, che il calcio è delle macchine perfette, è di Cristiano Ronaldo, è di chi può mandare ai matti migliaia di fans solo con un sorriso da modello e un fisico scolpito nel marmo. Lui non sembra un calciatore, ma è un voluto-da-Dio a dire che tutto, veramente tutto, è possibile.

3 Perché questo doveva essere il Mondiale dei suoi conti in tasca, del Fisco, del padre che è andato dal commercialista ma qualcosina deve essergli sfuggito, qualcosina come un sacco di milioni pare, e invece lui con un tocco di quelli da lui l’ha trasformato in quello che deve essere. Il Mondiale degli Argentini, cioè il suo Mondiale.

4 Perché contro la Bosnia ha fatto gol. Ma non un gol normale, neppure uno dei suoi più belli. Ha regalato il pallone, con quel movimento da danza, come fosse un inchino di invito, per riceverlo ancora, per ballare ancora. Ha fatto quel suo movimento ma il pallone gli è tornato un po’ storto, alto, altro rispetto a come l’aveva regalato, che spesso funziona così, le cose non vanno proprio come te le aspetti. Ha sfiorato il pallone, come uno sfiorare di polpastrelli sul bianco guanto di una signora. Davanti c’era tutta la difesa schierata della Bosnia, Susic, il ct, l’aveva preparata in maniera diversa la partita, per ingabbiarlo, per togliergli l’aria. Lui ha sfiorato i polpastrelli del pallone, e ha fatto gol nel Maracanà, per intenderci, lo Stadio dove si giocherà la finale, per una notte colonia argentina in terra brasiliana. Per una notte terra di conquista. O forse una pista da ballo enorme, dove potersi sfiorare, e lasciare andare, lui e il pallone, e tutto il mondo fuori.

5 Perché si sentirà anche male, sarà il suo Mondiale più difficile, in terra straniera e con il declino del Barcellona sulle spalle, sentirà la pressione, non si saprà neppure bene che cos’ha. Ma ora si sa che cosa non ha. Non ha paura. È la Pulce, e non ha paura.