Pensioni: quota 102, 92, 82 e 41, tutte le ipotesi e come sono

Ipotesi di riforma, questo ciò che c’è sul tavolo governo-sindacati, e queste sono le misure.

Gennaio 2022 si avvicina e la domanda di tutti è sempre la stessa, almeno per chi ha interesse alle uscite dal lavoro, cioè alla pensione. Tra una certezza, e molte ipotesi, cerchiamo di fare chiarezza su come dovrebbero diventare le pensioni nel 2022.

Quota 100 addio, questa l’unica cosa certa

Certezza abbiamo detto prima e ci riferiamo allo stop di quota 100. Anche se Salvini, come riporta il Giornale, ha paventato l’idea di prorogarne il funzionamento di un altro anno, la quota 100 morirà come era largamente previsto il 31 dicembre 2021.

Cosa accadrà dopo? Se nulla verrà fatto, anche chi ha i requisiti da quotista si troverà di fronte allo scalone di 5 anni. Da quota 100 alla vecchiaia Fornero, cioè da 62 a 67 anni di età, questo il limite di età per uscire, con una differenza di 5 anni.

Ipotesi quota 41

C’è una parola accompagnata da un numero che gira e rigira se si parla di pensioni sembra sempre di attualità. Parliamo di quota 41, misura che esiste già ma è destinata a precoci ed allo stesso tempo, alternativamente, disoccupati, invalidi, caregivers o lavori gravosi.

La quota 41 al centro del dibattito è quella per tutti. Salvini ha probabilmente, in quota 41 per tutti, il vero obbiettivo, magari celato dietro la proposta irricevibile di prorogare quota 100. Ma quota 41 è anche una misura che i sindacati da tempo hanno individuato come quella utile alle ipotesi di riforma.

Quota 41 altro non è che una nuova pensione anticipata, che dai 42,10 anni di contributi utili oggi, passerebbe a 41 anni dal 2022 (sempre ipotizzando il via alla misura).

Probabilmente se davvero questa misura fosse una di quelle da attuare, si potrebbe iniziare a ragionare su come limitarne la platea lasciando in funzione anche la anticipata ordinaria, magari rendendola flessibile inserendo penalità di assegno tramite ricalcolo contributivo, delimitandone gli interessati ai lavori gravosi e così via.

Una cosa questa delle penalizzazioni che vede i sindacati contrari ma che per esempio, ha visto di fatto l’ok di Salvini e della Lega che hanno depositato un disegno di legge proprio su quota 41, ma con penalità.

Quota 102

Una della soluzioni che il governo sembra più propenso ad utilizzare per una eventuale sostituzione di quota 100 e di aggiramento del problema scalone è la quota 102.

Una misura che peggiorerebbe la situazione rispetto ad oggi, anche se in maniera meno drastica di un ritorno in pieno alla legge Fornero. Con quota 102 si tratterebbe di mandare in quiescenza anticipata a loro scelta, i lavoratori che completano i 64 anni di età ed i 38 di contributi.

Come si vede si tratterebbe di una soluzione che inasprirebbe l’età pensionabile di quota 100 di due anni, passando dai 62 di oggi ai 64 del 2022, lasciando inalterato il requisito contributivo dei 38 anni. Una soluzione che ai sindacati non piace molto.

Quota 92 ma non a tutti

Altra idea che è stata al centro di alcune proposte (su tutti quella del Dem Graziano del Rio), sarebbe quella di permettere l’uscita a 62 anni di età, come per quota 100 a determinate categorie di lavoratori (probabilmente gravosi ed usuranti), ma con soli 30 anni di contributi (come l’Ape sociale per disoccupati e invalidi per esempio).

Una specie di quota 92 limitata come platea e penalizzante come assegni dal momento che si parla di un taglio del 3% di assegno per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia.

Con una misura del genere si offrirebbe ai lavoratori che svolgono attività particolarmente pesanti, lo strumento che consente a loro facoltà, di evitare lo scalone di 5 anni del post quota 100, anche se perdendo un po’ di pensione.

La pensione a 62 anni

Non la chiamano quota 82 perché sembrerebbe una misura drasticamente contraria ai diktat di Bruxelles che vuole la conferma delle uscite Fornero, la riduzione della spesa previdenziale e l’evitare misure di pensionamento anticipato troppo favorevoli ma costose, ma di fatti lo è.

Parliamo della pensione flessibile che i sindacati hanno messo sul piatto per gli incontri con il governo che presto ripartiranno. Per i sindacati si dovrebbe consentire, con un meccanismo di penalizzazioni e di struttura tutto da decidere, di mandare in pensione chi vuole a 62 anni con 20 anni di contribuiti.