Pensioni: dopo quota 100, uscita a 63 anni, ma non per tutti: ecco chi si salverà

Per il post quota 100 la via più probabile per limitare i danni per la pensione futura è di estendere l’Anticipo pensionistico, ma i problemi sono tanti

Sia come platea che come meccanismo dello strumento, per le pensioni appare una soluzioni limitata sostituire la quota 100 con una estensione dell’Ape sociale. Eppure sembra questa la via che il governo sta battendo in materia previdenziale.

Si tratta, a vederla con un occhio tecnico, ma critico, della via più comoda che ha il governo per dire di aver fatto qualcosa in materia previdenziale, per detonare i 5 anni di scalone che quota 100 produrrà dal 2022.

Infatti tra vincoli di bilancio, dettami da parte della UE, condizionalità derivanti dal Recovery plan e così via, intervenire sulle pensioni, trovando nuove misure simili a quota 100 e riformando il sistema, è impossibile o quasi.

A queste oggettive difficoltà occorre aggiungere quelle temporali. Siamo ormai alle porte dell’autunno, e il governo presto sarà chiamato a presentare la legge di Bilancio. Pochi mesi per approntare una manovra finanziaria dove, c’è da giurarci, l’emergenza Covid la farà da padrona.

Ecco che allora, l’idea è di superare quota 100, ritoccando misure che già oggi funzionano, anche se rispetto a quota 100 sono totalmente differenti. E l?ape sociale è una di queste.

L’Ape sociale, cos’è e come funziona

Oggi l’Ape sociale è la misura che permette di uscire dal lavoro a partire dai 63 anni di età, godendo di un assegno ponte, che accompagna di fatto il beneficiario, al raggiungimento della sua pensione di vecchiaia.

Quota 100 invece è una misura pensionistica a tutto tondo, perché una volta divenuti beneficiari della prestazione, questa accompagna il lavoratore per tutta la vita.

L’Ape sociale può essere centrata da i 63 anni come detto prima, ma con 30 anni di contributi per alcune categorie di soggetti e con 36 per altri. Infatti l’Ape è limitata come platea, essendo destinata a soggetti con varie problematiche di salute, famiglia o lavorativa e reddituale.

Con 63 anni di età e 30 di contributi, possono lasciare il lavoro i disoccupati che da almeno tre mesi sono senza Naspi perché hanno completato tutto il periodo di fruizione del beneficio.

Stesse soglie per gli invalidi con oltre il 74% di disabilità certificata dalle Commissioni Asl, e per chi da almeno 6 mesi prima della domanda di Ape, assiste un familiare stretto, disabile grave.

Servono invece 36 anni di contributi per chi svolge una delle 15 attività di lavoro gravoso oggi previste. Parliamo per esempio, degli infermieri e delle ostetriche delle sale operatorie e delle sale parto. Oppure di braccianti agricoli, facchini, camionisti, edili, maestre di asilo ed educatori delle scuole di infanzia e così via.

Perché per le pensioni, l’Ape sociale non può sostituire la quota 100

Ed è proprio sul perimetro dei lavori gravosi che il governo pare intenzionato ad estendere la misura e a proporla come sostituta della quota 100.

Quota 100 però è misura che non ha vincoli di platea, perché basta completare la combinazione minima di 62+38 per poter accedere alla misura a prescindere dal lavoro svolto, dalla invalidità e da qualsiasi altro aspetto che come detto, nell’Ape sociale sono fattori discriminanti.

Estendere il beneficio dell’Ape sociale a poche altre attività lavorative, non sarà certo la panacea per il post quota 100. A prescindere dal fatto che l’Ape sociale è una prestazione particolare, quasi più assistenziale che previdenziale.

L’Ape infatti non prevede la tredicesima mensilità, mentre la quota 100 si. L’Anticipo pensionistico sociale non prevede assegni familiari, mentre la quota 100 si. Inoltre, con l’Ape non si ha diritto a trattamenti integrativi e maggiorazioni mentre con la quota 100 questi sono applicati.

Ed infine, l’Ape scade, perché dai 67 anni il beneficiario dovrà tornare a presentare domanda di pensione, stavolta per quella vera, cioè la pensione di vecchiaia.

Ed infine, l’Ape sociale è una misura che non prevede la reversibilità in caso di decesso prematuro del beneficiario. In pratica, non passa alla moglie come invece passano le altre misure pensionistiche vigenti.